2009-2014



























































































































































































































































































































Molte persone mi scrivono riguardo ai materiali utilizzati nelle opere. I materiali sono importanti, nel senso che insieme al titolo esprimono le "intenzioni" dell'autore. Le intenzioni insieme al conteso e all'opera in sè, ci possono dire molto. Riguardando solo le immagini dei principali progetti realizzati in questi 5 anni, devo dire che una costante di ogni opera è lo schermo. Questa superficie apparentemente perfetta, che si riscalda e si raffredda ogni giorno; che possiamo picchiettare con il polpastrello, come se potessimo avere e trovare tutto. Altri materiali? Ultimamente la polvere e le macchie sullo schermo. La stessa polvere che si è bloccata sul pavimento del Mart di Rovereto. La polvere torna fuori spesso: quella del vulcano islandese che nel 2010 costrinse migliaia di persone all'attesa in 11 aereoporti internazionali. La polvere riposizionata a Guantanamo. Poi, come altri materiali, le pizze. Poi un manichini iperrealisti, nel momento di commettere un passo. Poi "materiali" vari, perchè non li conosco. Perchè non lo so. 


I progetti realizzati sono nati come conseguenze del lavoro critico. Contengo anche questa critica, ma non posso dire esattamente cosa sono. Potrebbero anche essere esercizi di vanità, desiderio di presenzialismo. In fondo basta uno scarabocchio per intervenire ed esporre ovunque. C'era un artista che negli anni 70 portava una barra colorata, improvvisamente, alle mostre e così partecipava. Quelle che sembrano sculture invece non richiedono il movimento di nessuno, conservano tutto il processo che va dall'accensione delle luci nello studio, fino all'ultimo spettatore che esce dal museo. Autore e spettatore sono immobili, distanti; ma nella stessa dimensione micro e privata. Ogni progetto è nato dalla gestione della distanza. Non penso fosse molto significativo intervenire al Whitney con una preghiera, quanto a posteriori ricercare una traccia nelle immagini trovate su internet. Una cosa "cretina".

Forse se rimaniamo tutti immobili e non c'è intrattenimento, il tempo rallenta. Allontaniamo la fine di questo tempo. Per questi progetti non è stato speso nulla, e non necessitano di nulla, se non una connessione internet e un internet device. Un testo di un mio collaboratore parla di una forma di ecologia dell'arte. Non saprei dire se questa cosa sia così buona. Guardare la scultura da Gagosian, significa essere subito complici di questa immobilità reciproca tra spettatore e autore. Oltre ad essere una parodia, forse non c'è fiducia da parte dell'autore. Forse si tratta anche di una forma di cinismo, come se il barocco e il buonismo simbolico (diamo la mano a tutti) sia invece generoso. Possiamo rimanere immobili, le persone si incontrano se lo vogliono fare. 

Spesso ho pensato ad un ipotetico spettatore, che con il suo tablet, guardasse questi progetti in una vasca; a Tokyo, durante un viaggio di lavoro. Questa idea mi fa piacere.