Un punto di vista inedito su Ai Weiwei



Introduzione



In questi ultimi anni ho notato un forte scollamento tra le opere prodotte da Ai Weiwei e il suo personaggio pubblico, salito alle luci della ribalta perchè vittima del regime cinese. 


Weiwei è attualmente agli arresti domiciliari e confinato in Cina. L'artista viene perseguitato per la sua lotta per i diritti umani e la sua opposizione la regime cinese, ma le sue opere (adesso in mostra anche a Bolzano) sono dei vasi colorati, un cubo di thè 40 per 40 cm, centinaia di semi di girasole, sgabelli che si impennano uno attaccato all'altro, poi biciclette, ancora l'una attaccata all'altra e così via. Le somiglianze con l'artista francesce Arman sono imbarazzanti; è davvero molto evidente il debito di Ai Weiwei rispetto la corrente Dada, famosa per l'accumulo di oggetti comuni (una sorta di Duchamp expanded). D'altronde siamo ancora nell'era dell'oggetto, sia esso un prodotto o un crocifisso. Arman ebbe il suo periodo di massimo fulgore tra il 1959 e il 1962. Siamo nel 2014.  











Le opere più didascaliche verso la sua lotta al regime, sono ancora peggio; e sono foto in cui l'artista fotografa il suo dito medio puntato verso il palazzo del potere cinese, o ricostruzioni tremende sulla vita da prigione (alcuni documentari sulle prigioni italiane sarebbero forse ancora più interessanti). 

Ai Weiwei, come il più giovane Dan Vo, vanno benissimo per il mercato e la scena occidentale, perchè sono esotici. Come quando dalle colonie del mondo si portavano in occidente strani oggetti. Una nuova forma di colonialismo culturale, che nel caso del cinese diventa anche una facile retorica contro il regime cinese. Ritengo che i veri regimi siano rappresentati da quegli stati apparentemente democratici, dove una persona che fa il dito medio al palazzo e lo fotografa, viene lasciata libera di farlo e comunque non cambia nulla e non succede niente. Il vero regime contemporaneo è fatto da una democrazia capace di gestire al meglio la protesta, non certo da regimi arcaici, un po' goffi. Penso alla Cina e alla Russia che tendono a creare ogni giorno vittime scomode. O meglio, questi sono sicuramente degli pseudo regimi, ma quanto meno evidenti e sotto gli occhi di tutti. Mi preoccupa di più quello che non vedo.

Weiwei vive in realtà una situazione di vantaggio: se non fosse perseguitato non avrebbe il seguito e il successo che gode in occidente, e non avrebbe sistematicamente mostre in grosse gallerie di New York; perfette come rivendite di feticci esotici di ultima generazione. A quel punto anche il cubo di thè va benissimo. Potrebbe mettere in mostra le sue ciabatte da notte o il suo spazzolino made in china, e andrebbe tutto benissimo, e tutto sarebbe SOLD OUT. 

Quante persone sconosciute vengono tenute prigioniere in questo momento da regimi dittatoriali? Quante persone muoiono senza che nessuno lo sappia? La crisi del linguaggio artistico rischia di portare verso pericolose derive. Il valore dell'opera di Weiwei sta in una forma di artigianato (neanche troppo originale) rispetto intuizioni degli anni 50. Niente di male, basta esserne consapevoli. E smettere di scambiare una presunta vittima politica con un grande artista. 







Intervista (deliberatamente tradotta dall'inglese con Google Translate)


C'è un wryness sornione di conversazioni con Ai Weiwei. Cina preminente artista contemporaneo parla del suo lavoro sia con auto-importanza e autoironico irriverenza, chiamandolo stupido e infantile, anche mentre cerca di spiegare il suo significato. 

Ultimamente, le note di stanchezza sono insinuate dentro pure. Dopo scontrano per anni con il governo comunista della Cina - vincendo così la fama internazionale e persecuzioni politiche - ha detto che sente il suo rallentamento mente e le preoccupazioni che potrebbe essere l'effetto persistente di un brutale pestaggio da parte della polizia nel 2009, che ha causato una emorragia cerebrale. 


Ai è meglio noto ora che mai dopo l'uscita nel 2012 di un full-length acclamato documentario sulla sua vita. Un nuovo documentario facendo il giro racconta le sue battaglie legali contro il governo ed i 81 giorni trascorsi in detenzione nel 2011 come risultato. 

Ma lui rimane come conflittuale come mai nella sua vita e arte. Di recente si è recato dalla lotta al governo di guerra con gli altri nella comunità artistica della Cina, criticando alcuni per surrending troppo facilmente alle pressioni del governo e la censura. Recentemente, dopo che il suo nome è stato lasciato fuori un comunicato stampa su una mostra presso influente Ullens Center di Pechino per l'Arte Contemporanea, Ai tirato la sua opera dalla mostra e pubblicato su Instagram trascrizioni di conversazioni imbarazzanti con il regista su pressione del governo di omettere il suo nome. 

Poi, ha fatto un passo ulteriore e ha iniziato taping interviste con altri artisti di quello che pensavano di omissione, chiedendo che scelgono un lato: di stare con lui o contro di lui. 


La lotta ha scatenato polemiche e dibattito tra artisti cinesi. Alcuni hanno respinto Ai come diva egoista deformato dalla fama ritrovata, mentre altri lo hanno elogiato per esporre i compromessi molti ora tranquillamente fare nel mondo dell'arte della Cina. 

Ci siamo seduti con Ai presso il suo studio alla periferia di Pechino per chiedere a lui di questa ultima polemica, il suo rapporto conflittuale con il governo e il suo ultimo lavoro. Ecco alcuni estratti condensati dalla nostra conversazione di un'ora. 

D: Come è il tuo rapporto con le autorità cambiato nel tempo? 

A: Nel 2011 fui arrestato. Dopo 81 giorni mi è stato rilasciato, e poi mi hanno dato un anno di libertà vigilata, ma non c'erano accuse chiare. 

Durante questo anno di prova, ogni mossa che ho fatto, ho dovuto chiamarli. Se vado fuori al negozio, devo chiamarli; prima di tornare, devo chiamarli e dire che ha fatto incontro. Tutto. Ho dovuto chiamare loro 10, 20, 30 volte al giorno. Infine penso che ho causato loro nervi per abbattere, perché nessuno può sopportare questo. 


Dopo di che hanno detto: "Siete liberi. Eri abbastanza bene durante il periodo di prova. "Era il 21 giugno 2012 dissi," Dov'è il mio passaporto? "Hanno detto," Okay, il passaporto, ci teniamo ancora. Ma un giorno ci daremo a voi. "" Va bene, se è questo un giorno? "Sai cinese, a loro piace dire" molto presto, molto presto. "Sono passati altri due anni. 

Ora è abbastanza sciolto e cordiale, direi. Non mi seguono, tranne se vado al di fuori della città, come portare il mio ragazzo per la spiaggia. 

D: Di recente c'è stata questa spaccatura e polemiche nel mondo dell'arte della Cina e un sacco di critiche di voi. Puoi spiegare il tuo posto in questo? 


A: In primo luogo, il mio nome è bandito da Internet interno cinese. So che ci sono un sacco di argomenti, un sacco di critiche di me, ma non siamo sulla stessa piattaforma. Non c'è una sola possibilità che io possa affrontare o discutere o comunicare. Quindi tutte le critiche che vedo gente posta on-line, la mia critica per loro è che l'arte è espressione. Se siamo in un posto con una tale pratica contenimento sulla libertà di espressione, tale restrizione, i primi artisti cosa che dovrebbe fare è quello di proteggere tale diritto. 

Per quanto riguarda l'evento UCCA [Ullens Center for Contemporary Art], la loro argomentazione è che se il mio nome è apparso, il mio lavoro non può essere lì. Penso che l'argomento non è abbastanza forte, perché il mio nome è il mio lavoro, il mio lavoro è il mio nome; è inseparabile. Così ho tirato fuori. Per darvi un po 'di storia, circa tre settimane fa in un altro mostra a Shanghai, il mio nome è stato cancellato dalla loro parete 20 minuti prima dello spettacolo. Hanno dovuto utilizzare asciugacapelli per asciugare il muro solo per rifare tutto il progetto grafico in tempo. 

Il Ullens spettacolo è per il mio amico. [Lo spettacolo è stato dedicato al compianto Hans van Dijk, un curatore di origine olandese a Pechino, che è stato uno dei primi sostenitori dell'arte contemporanea cinese.] Abbiamo fatto la prima galleria insieme, la prima promozione per gli artisti nel 1990. Un amico mi ha mostrato loro newsletter. Il mio nome non era lì, non si parla del mio sforzo con Hans durante il 1990, così ho detto, devo tirare fuori il mio lavoro. Un semplice atto. 

Naturalmente la gente ha iniziato a criticare. Alcuni dicevano, "Weiwei, basta a cuore il tuo nome. Hai fatto male show di Hans. E 'tutto su di te. "


Io in realtà non la penso così. Non ho davvero bisogno solo per me. So che se non lo faccio, se non in discussione quegli artisti, nessuno vedrà le nostre parole [censura significato verrà eseguito incontrastato]. 

D: Per te, ciò che è in primo luogo in gioco qui? 

A: In Cina, tutto è così facile ora. Ognuno è così matura, così sofisticata. Essi possono accettare qualsiasi cosa. Possono accettare serbatoi in piazza Tiananmen. Essi possono accettare alcun tipo di problema, perché i cinesi sono così flessibili. Si rotolano con pugni. 

Penso che il problema di oggi non è sempre il partito comunista e il sistema. È la cultura. La cultura produce il sistema. E chi fa la cultura? Noi tutti siamo la cultura. Noi tutti dobbiamo dire sì o no a un certo punto. 

Questo è lo scopo di portare questo in su. Ho intervistato più di 10 artisti su questo e confrontato su questo per mettere le loro parole in linea o su pellicola. Ho chiesto, "Come hai fatto a conoscere Hans? Perché dovremmo avere questo spettacolo? Pensi di escludere il mio nome, era giusto cambiare la storia facendo questo? Se è sbagliato, che tipo di posizione si prende? "Poche persone cinesi si chiedono l'un l'altro a queste domande in modo così diretto. Ma mi chiedo sempre domande in questo modo, così guardo come questo ragazzo che è essere troppo invadenti. 

Voglio usare questo per smuovere le acque, per mostrare i veri colori, vero atteggiamento tra il mondo dell'arte in Cina: curatori, critici e artisti. Penso di aver raggiunto molto bene. Non c'è stato un incidente simile negli ultimi 20 anni. E 'come una vera e propria lotta, davvero piacevole. 


D: Cosa c'è di sbagliato con il mondo dell'arte della Cina di oggi? 

A: Non c'è quasi nessuna discussione estetica o morale in Cina. Nessuna filosofia di cui si parla. Così l'arte diventa vuota. Con tale attrazione per il mercato, gli artisti oggi stanno vendendo come un matto. Negli ultimi 30 anni, la Cina è stata di fare un profitto con ogni mezzo necessario. Questo è [leader storico comunista] idea di Deng Xiaoping, lasciate che qualcuno diventare ricco prima. Non è questione di come o attraverso quale metodo, basta fare soldi. Se non possiamo condividere o preoccuparsi sentimenti degli altri, penso che l'arte è falso. Non hai nulla di cui essere orgogliosi. E non vale la pena il popolo di prezzo stanno vendendo per. 

D: Quando si crea un pezzo, quali sono i principi guida? Che cosa stai lavorando adesso? 

A: E 'difficile da dire. Non sto dicendo che sono un maestro o qualcuno abile. Ogni opera è altrettanto difficile. Ogni volta, devo passare attraverso tutto di nuovo. Ho sempre mi chiedo, è necessario o no? Qualcuno ha fatto prima? Qual è la differenza? Queste sono domande molto essenziali. Se questo è il mio ultimo lavoro, posso accetto o no? 

Ora sto lavorando su questo Alcatraz spettacolo in California. Si tratta di persone che violano la legge e devono essere rinchiuso, serve tempo. Mi interessa il tema della libertà, per lo più di persone che perdono tempo perché vogliono realizzare cosiddetta libertà. Si svolgerà verso la fine di settembre. Si tratta di circa 80 per cento finito. 

Q: Che cosa è dopo lo spettacolo Alcatraz? 

R: [Ride.] Spero non mi va di essere messo in prigione e perdere la mia libertà. Come artista, io sono abbastanza vecchio ormai. Sono quasi 57, e non so quanti anni avrò ancora l'energia o il tipo di passione per queste cose. Io davvero non lo so. 


Sto ancora aspettando il mio passaporto. E 'stata una lunga attesa, ma il senso di attesa è sempre interessante. I tipi di piace. E 'un po' come, si sa, la sensazione di cadere in amore quando eri giovane. Il senso di attesa. Ho sempre pensato che il momento più interessante è prima che la persona effettivamente si presenta. 

Q: Che cosa farete con il passaporto se davvero preso? 

A: Io finalmente mostrare il mio ragazzo il mondo. Ci sono così tanti bei posti al mondo per i bambini a vedere. E 'stato a Londra una volta, per lo spettacolo "Sunflower Seeds", ma lui era troppo piccolo. Aveva 2 anni; ora è 5 E 'urgente perché sono vecchio. La mia condizione fisica non è così prevedibile. Mi sento rallentamento nella mia mente e la memoria. Energia saggio, ho molto meno di prima. Così ora penso se ho tempo di fare qualcosa, lo farò. Ho fatto questa decisione tre anni fa, quando ero in carcere. Mi preoccupavo non voglio uscire per 10 o 15 anni. Ho pensato allora, se ho la possibilità, ho davvero voglia di mostrare il mio figlio il mondo. 


Ricercatore Liu Liu a Pechino contribuito a questo rapporto.




Fortezza Borbonica


























Se non capisci una cosa cercala su You Tube

materiali vari /// Arsenale, Venezia, 2013. 















Se non capisci una cosa cercala su You Tube

ceramica nera /// Fortezza Borbonica, Civitella del Tronto, 2014. 





COMUNICATO STAMPA

Evento promosso dall'Associazione Culturale Naca Arte e dalla Fondazione Fortezza Abruzzo
Nell'ambito del progetto espositivo VISIONI 2014
Appuntamento del circuito espositivo ARTE IN CENTRO- Cultura contemporanea nei borghi e nelle città


VISIONE TERRITORIALE
a cura di Giacinto Di Pietrantonio

Fortezza Borbonica- Civitella del Tronto (TE)
Inaugurazione: sabato 5 luglio- ore 19.00
dal 6 luglio al 28 settembre 2014



Dopo la mostra Visione animale del 2013 nella quale si era puntata l'attenzione su opere che avevano per tema animali sia reali che fantastici e il nostro rapporto con loro, quest'anno, con la mostra collettiva Visione territoriale -fulcro del progetto espositivo VISIONI 2014 e curata da Giacinto Di Pietrantonio- ci si è voluti concentrare su una delle tradizioni più antiche del territorio abruzzese: la ceramica di Castelli. Un materiale antico e denso di significato, presente come esperienza territoriale sia nella dimensione domestica che in quella artistica. Partendo dal coinvolgimento dell'Istituto di Castelli F. A. Grue e delle maestranze locali, gli artisti Gabriele Di Matteo, Anna Galtarossa, Daniel Gonzàlez, Mark Kostabi, Ugo La Pietra, Alfredo Pirri, Luca Rossi, Matteo Rubbi, Giuseppe Stampone, Vedovamazzei, hanno progettato e concepito delle opere in ceramica. Se la scuola ceramista di Castelli non ha mai smesso di tramandare la sapiente tecnica di lavorazione in maniera autentica, ne tanto meno di attirare l'attenzione degli artisti contemporanei, è vero anche che spesso si è creato un divario tra linguaggio tradizionale e linguaggio contemporaneo. Perciò, questa mostra vuole superare tale distanza, guardando alla tradizione territoriale come ad una presenza viva nel territorio e capace di costituire una possibilità di linguaggio locale rivolto all'internazionalità. Visione territoriale vuole essere anche un'occasione di riflessione e discussione circa l'importanza della fase progettuale del lavoro dell'artista e del metodo di ricerca delle forme, dei materiali e delle tecniche che la nostra tradizione offre come fucina culturale in divenire. L'aspetto educativo e quello formativo si fondono con la necessità di recuperare una "visione del territorio" il più possibile attenta alla tradizione in senso contemporaneo, fino a diventare visione del mondo. Così, la retorica della riproduzione  per la rimessa in opera di  una scomparsa scultura di Jackson Pollock di Gabriele Di Matteo; i totem giocosi e pelosi volti a rinsaldare il divario tra cultura artigianale ed artistica, spirito e materia di Anna Galtarossa; le immagini ironico-celebrative e ecologiche di Daniel Gonzàlez; l'incontro tra progettualità e artigianato nelle sculture-architetture-nature di Ugo La Pietra; le figure senza volto e tempo di sapore metafisico contemporaneo di Mark Kostabi; la progettualità spaziale di utopiche città fatte di semplici mattoni forati da costruzione, nobilitati dalla colorazione bianca esternamente e fluorescente all’interno di Alfredo Pirri; gli interventi di relazione con lo spazio di internet di Luca Rossi; i luoghi-non luoghi, ovvero le isole vicine e lontane di Matteo Rubbi; l'educazione globale che ci restituisce la molteplicità spaziale-sintetica di New York di Giuseppe Stampone; la forma di vecchi materassi sovrapposti di Vedovamazzei: assumono tutti una nuova forma ceramica progettata appositamente per gli ambienti della Fortezza.
Come per le altre edizioni, gli spazi dedicati alla mostra Visione territoriale saranno i vari ambienti esterni e interni dislocati nell'architettura della Fortezza Borbonica di Civitella del Tronto.


INFORMAZIONI/ SCHEDA TECNICA
Titolo della mostra: VISIONE TERRITORIALE
Curatore: Giacinto Di Pietrantonio
Luogo: Fortezza di Civitella del Tronto
Data inaugurazione: sabato 5 luglio 2014- ore: 19.00
Durata: dal 6 luglio al 28 settembre 2014
Orari: luglio e agosto, 10.00- 20.00- settembre 10.00- 19.00

CONTATTI

mob. +39 333 123 08 17 / +39 320 842 45 40

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Innanzitutto un commento in generale. Penso che oggi sia importante essere molto chiari parlando d'arte. Tu invece sei troppo ermetico; lo sei sempre stato dai primi ns contatti; sembra che non voglia mai andare in fondo alle questioni. La tua frase della mail di risposta alla mia "Mi interessa più una natura dell'opera che viva su più livelli", sembra  supportare questa interpretazione di un lavoro, il tuo, che voglia essere volutamente e appositamente confuso.é così?

Assolutamente no. Quando ti chiedo di guardare il progetto sky, dovresti limitarti a guardare le immagini e le didascalie, come in un qualsiasi museo. La prima opera vive su più livelli: almeno due: la sua esistenza immaginata e tu che guardi l'immagine a casa tua. L'opera è in differita, come la partita di sky; con la differenza che autore e spettatore possono fare la partita. I ragazzi della pubblicità possono fare la loro opera e postarla immediatamente su internet.

Io: ho riguardato l'immagine e la didascalia. I due livelli che tu citi sono i soliti due livelli di fronte ad un immagine (quella immaginata es del paesaggio rappresentato e quella in cui lo spettatore la guarda; cfr Paolini con il giovane che guarda Lorenzo lotto). Lo stesso accade con i miei buonsens: io propongo un'esperienza e lo spettatore la immagina (primo livello e qui il concettuale anni '70 si ferma, come Paolini) ma poi la deve sperimentare lui stesso (secondo livello) altrimenti la sua opera non esiste. Per ovvi motivi anche nel mio caso l'opera è differita. 

LR: Quando tu guardi la prima opera di sky questa sya avvenendo dove ti trovi e basta. Certamente vive anche in una dimensione immaginata. Quando guardi l'11 settembre, lo immagini, non lo vivi. E pensi di conoscerlo. Io sto dicendo che l'11 settembre vero è a casa tua. E prima di essere l'11 settembre, è stato il 10 settembre. Viviamo un continuo 10 e 11 settembre. Non vediamo bene il 10 e quindi scivoliamo nell'11. Viviamo una cecità, che è vista apparente. 


Non mi è peró chiaro che significa che i ragazzi della pubblicità (proprio loro o chi come me guarda la tua immagine?) possono postare su internet la loro opera (questa è in assoluto o qualcosa relativo al tuo lavoro Sky?). Ma allora perché confini il mio lavoro ad una pratica anni 70 e il tuo invece sarebbe contemporaneo?

LR: Certo! Tu stesso sei uno di quei due ragazzi, fai la tua opera e la comunichi con un blog. Il punto non è chi arriva prima a fare una cosa -appaentemente - nuova e innovativa. Tu suggerisci alle persone cose da fare. Quindi? Si tratta del lavoro di Yoko Ono. La prima opera di Sky, ma anche le altre vivono dove sei. Tac. Senza bisogno di altro. Altre volte partono da incursioni improvvise (Gordes, Mart, ...plays..), ma poi finiscono sempre nell'istante e nel luogo in cui sei. Perchè quello è l'unico spazio politico. 

Lo stesso progetto sul tuo blog, Sky, e veniamo ad osservazioni specifiche, non é chiarissimo; ecco i miei dubbi:

1- sono d'accordo sull'essere contro le mostre luna park ma non mi é chiaro come da ciò consegua la tua conclusione su un'arte di retroguardia; dovresti spiegarti meglio

Per evitare le mostre luna park bisogna creare le condizioni per apprezzare l'arte e per formare gli artisti. Quindi formare un pubblico e gli artisti. Diversamente si tende, più o meno, verso lady Gaga o una forma di archeologia cool per adulti (tipo libro di Jung in Biennale). Per fare questo l'artista deve fare un passo indietro, e lavorare contemporaneamente su linguaggio, critica ed education. Diversamente è prigioniero di un circolo vizioso o di un processo lentissimo, per andare oltre luna park ed archeologia citazionista per adulti.

Co: anche nel caso dei miei buonsens l'artista fa un passo indietro come intendi tu. Lo spettatore che prova e/o propone impara il linguaggio dell'arte, creando le basi per criticare l'esistente. 

LR: Nel tuo caso l'artista NON fa un passo indietro, anzi da un compito, come a dire "fa questo che è figo". Anche tu pretendi di fare arte+education (lo spettatore impara il linguaggio dell'arte???). E' come se un professore di medicina, proponesse agli studenti del primo anno di allenarsi subito su operazioni chirurgiche vere. Per avere successo le operazioni dovrebbero essere elementari. Education e arte devono stare distinte. Poi certo ogni cosa può farci pensare e fare su di noi education. Se vuoi intrattenere e fare education con l'oepra d'arte, l'opera è già morta. 


CO: Tu lavori su questi tre piani (critica, linguaggio e education) mantenendoli distinti (interventi critici su artribune, sessioni con Morsiani x educare all'arte, lavori sul tuo blog come Sky) io invece credo nella loro fusione presso il singolo spettatore, perchè + efficace.

LR: Il tuo è un errore, la mostra e l'opera non devono pensare di essere momenti didattici. Ripeto è come se la sala operatoria con pazienti veri sia un aula didattica per studenti alle prime armi. I risultati sono due: o le operazioni sono facilissime (luna park per adulti) e molto pazienti muoiono, o le operazioni vengono sbagliate e molti pazienti muoiono. Tu proponi un 'esperienza come è un esperienza l'autoscontro al luna park. Solo un'esperienza più sofisticata e pretenziosa. 

2- tu dici che questa arte di retroguardia parte dalla casa delle persone, il che non é molto diverso dai luoghi delle mie proposte. Però non è chiaro perché poi dici che ogni posto é internazionale per definizione; quale definizione?

L'Italia, come le case degli italiani, sono i luoghi da cui partire per un italiano. Mentre molti vanno  a Vienna o Berlino. Il blog arriva in queste case e tenta di portare avanti le tre anime che ti dicevo, spesso fondendole e confondendole. Ogni luogo sulla terra è internazionale, quanto meno in potenza. Pensare diversamente è da provinciali o esterofili.

3- non mi é neanche chiara la "sfasatura con il presente" è tutto quel discorso su vuoto, pienoecc.

Non capisci molte cose proprio per via di questa sfasatura. Ma è quello che viviamo sempre nel presente: conosciamo la guerra tramite immagini, ma possiamo anche fare e documentare la guerra. Le mie opere prendono consapevolezza di questo aspetto, stando fuori la moda. La componente di intrattenimento è minima, perche lo spettatore è già trattenuto quando guarda le opere di sky.

CO: frase criptica; in particolare, in che senso posso fare la guerra? 

Nel senso che ognuno può oggi vedere una cosa su internet; può fare una seconda cosa, postarla su facebook; tutti siamo fruitori e creatori di contenuti. 6 miliari di televisioni potenziali. 


CO: Che significa che lo spettatore è già trattenuto - a parte il gioco di parole con intrattenere - quando guarda le opere di Sky?

LR: Perchè quando tu vedi la prima opera di Sky, sei già imprigionato. E' già tutto finito quello che io desideravo. L'opera è un buco nero che ha risucchiato il processo che fa dall'accensione delle luci nello studio dell'artista, fino all'ultimo spettatore che esce dal museo. 

CO: Ho ovviamente una mia interpretazione ma questa mi porta ancora ad una similitudine con i miei buonsens: il rapporto tra l'immagine (mia proposta buonsens) e lo sperimentare è un punto fondamentale del mio modo di fare arte.

LR: Tutto è esperienza, anche guardare immobile una foto su internet. Non c'è bisogno di muoversi, cercare la via montale, recitare una poesia di Montale, fare un giro su se stessi e poi prendere un biglietto per Parigi, ecc ecc. Tu in questo modo dici che là fuori c'è un mondo macro da cui attingere. Mentre il macro non esiste. Ma esistono solo tanti micro. 

4-perché i ragazzi della foto sono un network televisivo potenziale? Perché il singolo può vincere uno a zero contro Obama?

I ragazzi lo sono con i loro smartphone per le cose già dette. Una decisione forte e intelligente per la tua vita rende le scelte di Obama quasi nulle. Difficile è fare scelte forti e intelligenti. Si tende a non volersi guardare allo specchio e colpevolizzare il macro, quando questi non esiste.

Io: bella affermazione e forte e vera. Però dire che il macro non esiste è un po' troppo forte. Le scelte di Obama come presidente non sono il macro che impatta sul tuo micro? Se Obama proibisse di fare l'artista molti "micro" ne sarebbero influenzati. Io penso che il mio modo di fare un po cambierebbe: il mio blog sarebbe mascherato in qualche modo ma lo continuerei nel suo principale modo di essere arte. Ti ho fatto questo esempio x capire se questo è quello che intendi.

LR: Se Obama proibisce agli artisti di fare gli artisti, questa non sarebbe una sua scelta, ma una scelta nata da tanti individui che hanno creato questa tendenza globale. Duchamp insegna che per fare l'artista non serve nulla ma solo il pensiero. Quindi la tua intelligenza vince subito "uno a zero" con Obama. Fatto. La cosa interessante è creare le condizioni per la diffusione di questa intelligenza. Questo oggi può avvenire con un lavoro che vede procedere: linguaggio, education e critica. 

5 - non é chiaro come dal micro si passa al macro della consapevolezza collettiva (io questo lo intendo nel mio lavoro in questo modo: ognuno di quelli che prova la differenza insita nelle mie proposte si rende conto che il mondo può essere diverso e ciò su larga scala va contro l'omogeneizzazione; ma tu lo intendi nello stesso modo?

Il macro non esiste, ma solo una tendenza data da tanti micro. Il micro è l'unico spazio politico dove valutare scelte e cambiamenti. In questo l'arte sarebbe preziosa per aumentare la consapevolezza. E quindi la critica (che è fatta anche dalle opere indirettamente o da progetti di education fatti bene).

Io: ho bisogno di esempi concreti x capire quello che dici, altrimenti sono solo parole 


6- dov'é il quotidiano abbandonato sulla sedia? Spero solo non sia un giochetto critico (come quando il prof di scuola sbagliava e diceva che lo faceva per vedere se eravamo attenti)

Non guardi bene, guardi ma non vedi. Scorri bene Sky.

Se mi chiarisci questi punti posso meglio valutare questo nuovo progetto; certo che se invece il tuo obiettivo é essere confuso e non definitivo allora, diversamente da quello che pensavo, siamo piuttosto lontani. 

P.s. ho visto anche il progetto shit and die. Chiedere alle persone di fare scherzi a cattelan (cioè fare a lui quello che lui fa agli altri).

Non si tratta di fare scherzi ma farne uno che comunicherò all'ultimo. Il lavoro esiste sia che questo avvenga o meno.

In generale, e concludo, ho capito che non vuoi essere chiaro fino in fondo (come il mondo che ci circonda ) ma un lavoro troppo contorto a mio avviso è molto debole (come il mondo che ci circonda).

LR: Queste sono tutte giustificazioni stupide, perchè vuoi salvare il tuo lavoro-passione di artista. Cosa normale. Ma aprire alla critica è il modo migliore per procedere. 




Dialogo con Roberto Fassone

















Roberto Fassone è un giovane artista italiano. Tra le sue opere più recenti il software sibi (http://www.sibisibi.com/) che è in grado di proporre un'opera d'arte se uno risponde a tre semplici domande.


Roberto Fassone:quali sono i criteri con cui giudichi la qualità di un lavoro?


Luca Rossi: Prima metto in relazione il lavoro con le intenzioni dell'artista (titolo, materiali, dichiarazioni, ecc) e il contesto in cui si pone il lavoro (locale e globale). Secondo metto il relazione il lavoro con altri lavori dell'artista.



RF: volevo parlare di Scroll Down (la via o il sentiero). è un lavoro sul tuo blog in cui si vedono diverse fotografie con:
a. una teca
b. una teca con piccoli elementi bianchi al suo interno
c. persone che osservano la teca (di cui alcune ricoperte da una sagoma grafica rossa disegnata in maniera molto poco precisa)
d. particolari della teca
quindi i miei elementi a disposizione per giudicare questo lavoro sono il titolo, la didascalia e le foto.
come credi che questo lavoro possa essere significativo? come pensi che questa "opera" possa fare (come la chiami tu) la differenza? credi che potresti spiegare in due righe questo lavoro?


LR: Non ho mai detto che il mio lavoro fa la differenza. Ho detto che bisogna stimolare uno spirito critico per fare le differenze tra le cose.
Questo progetto, Scroll Down, vive su tre livelli:

-l'azione nell'abbazia di Senanque (uno dei siti turistici più frequentati della francia)

-l'opera fruibile nell'abbazia

-la documentazione dell'azione e dell'opera.

L'azione è una sorta di candid camera, dove io stesso ho iniziato a fotografare ossessivamente una teca (apparentemente) vuota. I turisti, che venivano da un bagno di fotografie al sito turistico, rimanevano interdetti; alcuni hanno iniziato a fotografare anche loro. Forse pensavano ci fosse qualche reliquia. Questo è l'estremo di sibi: anche il vuoto è interessante se qualcuno te lo indica. Ma in realtà dalla teca è emerso un piccolo paesaggio, che a me ricorda i giardini Zen. Ci sono tanti piccoli elementi che puoi notare solo nella terza dimensione del lavoro, e quindi nella documentazione. E quindi nella dimensione privata di ognuno di noi, da dove guardiamo il blog e le immagini. La dimensione politica dove possiamo veramente fare una rivoluzione.

Mi chiedi come può fare la differenza tra le cose questo lavoro. L'opera cerca di recuperare il senso dell'Abbazia, e quindi si contrappone al caos del turismo di massa, che stravolge totalmente il senso profondo di quel luogo. Si tratta di un attentato positivo, che ricostruisce il senso invece di distruggere il sito turistico. I turisti sono effettivamente "attentati"...rallentano il passo, cercando di capire cosa ci sia nella teca. Questo accende in loro uno spirito critico, che invece permane sopito nel resto della visita.

Il progetto mette in profonda discussione i rituali convenzionali del sistema dell'arte e appare improvvisamente al fianco dello spettatore. Si tratta di tante micce che servono ad accendere molti nodi critici su cui mi sono spellato le dita in questi ultimi 5 anni.








RF: come è possibile che non ti piaccia il lavoro di dafne boggeri? per me il suo lavoro "Vorrei che il cielo fosse bianco carta" è almeno un 8.3


LR: Come ti ho scritto quando giudico il lavoro di Dafne (che saluto calorosamente) penso a tutta la sua produzione. Il lavoro delle macchine è molto simpatico, ma non fa altro che modificare la percezione di uno spazio con tre mosse abbastanza prevedibili (a parte le auto nere nelle entrate dello spazio espositivo). Il rischio è sempre quello di partecipare ad un luna park: invece di buttarsi scalzi sul gonfiabile di Saraceno, sai cosa facciamo da Care OF? Entriamo nello spazio entrando in auto...insomma...poi non vedo collegamento con altri suoi lavori. Se non una sensibilità tra il gggiovane e una leggera ribellione (che però è assolutamente e tristemente sedata).







LR: Nella vita fai solo l'artista?


RF: nella vita faccio l'assistente al politecnico di milano per il corso di user and social innovation, realizzo video per matrimoni ed eventi con un amico sotto il nome di weedeogames tv (siamo molto bravi tra l'altro se qualcuno avesse bisogno), gioco a basket (una volta in C2, ora non sostengo più la pressione del prepartita), gioco a calcetto, invento e realizzo giochi, faccio altri video. non mi piace particolarmente definirmi come "artista", anche perché è un termine estremamente ambiguo. questo perché esso contiene allo stesso tempo un valore "qualitativo" e uno "quantitativo". mi piace pensare e dire che faccio "cose".













LR: Perchè vuoi fare l'artista?


RF: io so che in questo momento della mia vita voglio fare le cose che sto facendo. mi rendo conto che le cose che faccio (nella loro maggior parte) trovano spazio nel sistema dell'arte contemporanea. ho sempre avuto una passione per la progettualità e per la non funzionalità. credo che l'arte e l'essere artista (nel senso di qualcuno che realizza cose in quel contesto e non nel senso di un illuminato) sia una situazione in cui mi sento alla grande e che mi fa star bene. semplicemente faccio ciò che amo di più e avendo la possibilità di farlo lo faccio.







LR: Mi puoi parlare dell'opera che ti ha dato maggiore soddisfazione nella tua vita. E mi puoi dire il perchè?


RF: Posso dirti un lavoro che recentemente mi ha mandato fuori di testa. è un brano dei "The Lonely Island" e si intitola "Mama". è un lavoro (dal mio punto di vista) perfetto. è un inno al non prendersi sul serio, fa molto ridere e anche se non lo capisci è un pezzo meraviglioso. ultimamente poi ero rimasto particolarmente impressionato da "Lucy's" di Dragana Sapanjos e da "Shoe Dryer" di Nestori Syrjälä. più in generale sono attratto dai lavori semplici e accessibili. sono attratto da quei lavori che rendono il complesso semplice. oppure da quei lavori assurdi, tipo quelli di paola pivi. mi piace che nel mondo ci sia un sistema in cui si da valore a cose non funzionali (nel senso più utilitaristico del termine)
https://www.youtube.com/watch?v=ihc6wX0EoI4&feature=kp
http://www.nestorisyrjala.com/index.php?task=show_page&page_id=40
http://www.italianarea.it/opera.php?w=SAPD_11.jpg&artista=SAPD&let







RF: se io vado sulla pagina principale del tuo lavoro "scroll down" trovo solo alcune foto modificate e non la spiegazione che mi hai dato ora. come posso attivare uno spirito critico se nella documentazione del lavoro non espliciti la tua azione?




LR: Il blog agisce prima di tutto come blocco di appunti in continuo divenire. Spesso metto un testo sopra le immagini, proprio a ridosso. Se controlli sulla prima immagine di Scroll Down ho messo questo testo. Ho risolto il problema che mi evidenziavi. E' questo che ho sempre valuto: un confronto dove tutti migliorano.










RF: ti piace il lavoro di alfredo jaar?




LR: Trovo il lavoro di Jaar ultimamente troppo diluito, poco a fuoco. Anche lui pesca da codici e scelte abusate. Non mi piace. Mi piacciono: Alys, Creed, Fontana, Sehgal, Cattelan, Fischer, primi che mi vengono in mente.




RF: qual è la definizione di arte che condividi maggiormente? credi che l'artista* abbia un qualche tipo di responsabilità? se si verso chi o verso che cosa?


LR: L'arte è una palestra e laboratorio per allenare e sperimentare modi e atteggiamenti che possono avere un valore nalla vita quotidiana. L'artista oggi ha la responsabilità di parlare a costo di morire come artista. Ha una responsabilità verso un ambito che come per la medicina o l'edilizia, ha regole e codici. Ma è fondamentale un confronto con esperti e pubblico per far crescere questo ambito.


RF: quando parlo di arte e artista li intendo da un punto di vista categorico




LR: Hai detto che dici di apprezzare la non funzionalità dell'opera. Ma questa è data da tre cose: intenzioni dell'artista, opera in sè e contesto. Mi spiego: se l'artista mette un urinatoio in un museo per lui la funzione l'urinatoio ce l'ha.
La funzione di un bicchiere d'acqua cambia se siamo sotto una casata potabile o in un deserto.
Se metto la mia opera urinatoio in un bagno, diventa subito funzionale. Quindi per te dove sta il valore dell'opera d'arte?



RF: Diciamo che apprezzo la non funzionalità e non necessarietà delle cose. Ad esempio se devo andare da un punto A ad un punto B normalmente camminerei in avanti scegliendo il percorso più "economico". Se invece decido di affrontare lo stesso percorso camminando all'indietro porrò un ostacolo non necessario nel mio tragitto. Un ostacolo che renderà (in linea generale) il fenomeno più affascinante ai miei occhi e vicino a linguaggi ludici o artistici. Quando parlo di funzionalità parlo della funzionalità tipica degli oggetti o dei servizi, progettati per risolvere specifiche situazioni pratiche. L'arte contemporanea (nuovamente in linea generale) mi piace perché non è funzionale in questi termini. Credo che nessuno sia in grado di definire oggettivamente il valore di un' opera. Personalmente apprezzo la capacità di comunicare utilizzando strategie in grado di adattarsi quasi perfettamente ai temi trattati.




LR: Come percepisci il mio lavoro? Cosa senti dire del mio lavoro?




RF: Rispetto alla tua ricerca mi interessa la possibilità di utilizzare i commenti dei blog come medium e il tentativo di sviluppare delle recensioni, delle critiche e dei voti per i lavori. condivido alcuni dei tuoi pensieri sulla pretenziosità di molti lavori.sogno un metacritic (www.metacritic.com) o un rapgenius (www.rapgenius.com) in grado di ospitare anche opere d'arte contemporanea. Non mi piace come è impostato progettualmente il tuo blog, che, essendo il fulcro della tua ricerca, a mio avviso dovrebbe rispondere meglio ad alcune norme di web usability. Apprezzerei una maggiore apertura e una minor seriosità, che rendono alle volte la tua ricerca antipatica e poco stimolante. Le tue mostre le trovo troppo complesse, poco accessibili e alle volte paradossali in relazione alle critiche che fai degli altri artisti.
Di te ho sentito dire che sei un megatroll, un frustrato e che la tua ricerca si basa più su te stesso che sul resto. In generale ho sentito dire male di te.




LR: L'opera delle scarpe, stuzzica perchè è un non sense. Questo mi delude, perchè tutto potrebbe essere. Allora preferisco la pulizia britisch poco pretenziosa di Creed. Gli scarafaggi sicuramente toccano, perchè c'è vita là dentro. C'è un potenziale. Ma per giudicare quest'opera (anche lei un non sense) devo vedere altre opere dell'artista. Cosa ne pensi?


RF: L'opera delle scarpe la trovo molto stimolante. Questo perché mette in scena una situazione in cui con il massimo sforzo si ottiene il minimo risultato. Quindi il lavoro diventa potenzialmente una riflessione precisa sullo spreco e sulla sostenibilità. detto che della sostenibilità non mi interessa nulla è meraviglioso il modo in cui questo tema è stato trattato. L'opera di Dragana invece estremizza una situazione quotidiana e mi tocca perché evidenzia e in qualche modo trasforma il banale. Certi lavori poi mi entusiasmano perché sono come dici tu non-sense. Totalmente inutili, non necessari, ma visionari.

Dialogo con Piera Cristiani







Piera Cristiani
 è una giovane blogger italiana che si occupa di arte contemporanea. Ecco il suo blog: 
http://campiture.com/

Piera Cristiani dopo un po' di frequentazione in alcune riviste nel settore dell'arte, nel marzo 2012 decide di aprire il blog "CAMpiTURE - parole piene di arte". Ogni tanto partorisce progetti indipendenti come MINI curatrice. Un blog di arte contemporanea è un'ottima scusa per viaggiare.



Piera Cristiani: Luca Rossi, prima domanda a cui puoi non rispondere: ogni tre per due scoppiano polemiche sulla tua misteriosa identità. Io mi sono fatta l’idea che sia un modo morboso di dare una forma superficiale a dei fenomeni, passami il termine, che non sono codificabili e, soprattutto, non sposano la politica del chi c’era alle inaugurazioni. Cosa ne pensi?

Luca Rossi: Hai ragione. Se vivi un vuoto devi riempirlo in qualche modo, anche con il gossip. Io vedo questo come una seleziona all’entrata, chi pensa morbosamente al gossip non è un interlocutore attendibile. 

La mia identità non è anonima. L’anonimato è una malinconia di internet da inizio 2000. Ossia, se ne valesse la pena posso andare casa per casa per conoscere tutti di persona. Ma non ne vedo il motivo. La prova di questo è che non ho mai fatto o detto cose che necessitino di nascondersi. Chi vede un problema identitario vuole una scusa per guardare il dito e non guardare la Luna. E va bene così, è un modo per selezionare persone attendibili, curiose e sincere. Per molti addetti ai lavori, guardare la luna fa paura. Soprattutto i giovani (artisti, curatori e giornalisti) sono terrorizzati. Il mio lavoro in questi 5 anni ha dato molto fastidio. Ha generato riflessioni private molto forti. Un po’ come Fantozzi che negli anni 70 ha psicanalizzato una generazione di ragionieri che assomigliavano veramente a Fantozzi. 

PC: Spesso i tuoi articoli e le tue operazioni sono un’aspra critica a quello che viene definito il sistema dell’arte, la sua omologazione, la sua autoreferenzialità. Succede che chi tenta di fare delle analisi analoghe spesso venga tacciato di invidia, non so bene di cosa, o di frustrazione. Credi che sia un problema italiano o estendibile ad altri contesti?

LR: In Italia quando sollevi una critica si pensa subito a doppi fini, ad un ritorno personale, ad invidia e frustrazione. Altri, coloro che si sentono Fantozzi, hanno paura che questa critica ti faccia avanzare di livello e quindi ti criticano ancora di più. Tutto gioca per mantenere una mediocrità generale e un compiacimento generale. 

Come per il problema identitario sono espedienti stupidi per non ascoltare. Se leggi i miei articoli e i miei commenti non troverai mai offese, ma qualcosa di ben più difficile da gestire: una critica, che cerca di argomentare e che, nel bene e nel male, va affrontata. Questo per molti addetti ai lavori è inaccettabile. Tanto che recentemente sono stato bloccato su i commenti di Artribune. E sono i giovani a fare queste scelte di censura. Perchè i giovani oggi sono deboli e terrorizzati. Spesso precari o mantenuti in ostaggio dalla Nonni Genitori Foundation. Sono un segno e una cartina tornasole di questi tempi. 

PC: Le istituzioni italiane versano in uno stato di profondo torpore e, salvo alcuni casi isolati, si rivelano banali, assenti, prive di ricerca. Credi che ci sia più interesse artistico (oltre ovviamente a quello economico) negli spazi privati o da parte dei collezionisti? Penso all’Hangar Bicocca, alla Collezione Maramotti, alla Fondazione Cini, alla Fondazione Sandretto per parlare di alcune realtà molto note ora.

LR: Quella che definiamo “arte contemporanea” vive una grande crisi linguistica che non è solo italiana. Non parlo del mercato di alto livello (che comunque tende a rifugiarsi sul passato), ma di un linguaggio che fatica a relazionarsi alla contemporaneità e al presente. Musei, gallerie e fondazioni, spesso sono luoghi per difendersi ed isolarsi dal presente. Sicuramente le realtà private hanno un pizzico in più di vitalità e freschezza. Ma provengo dalla visita dell’Hangar Bicocca e la mia critica non è certo positiva. Ma su questo si saprà di più il 31 maggio (potete leggere qui la recensione: VI-HAGRA Bicocca)

In questi anni mi sono accorto che molti addetti ai lavori vogliono tenere lontano un pubblico vero, interessato ed adulto, perchè lo temono. In quanto un pubblico vero e adulto fornirebbe anche un giudizio vero ed adulto sull’operato di musei, gallerie e istituzioni. Meglio continuare a dire che l’arte contemporanea è di nicchia, ma è importantissima e fondamentalissima. Ovviamente, queste cose vengono dette solo a platee di addetti ai lavori. Questa è una cosa assurda. Su Exibart c’è un video dove Ludovico Pratesi, durante uno dei tanti talk, rosso in viso, si lamenta che la politica è indifferente all’arte contemporanea, e in platea c’erano solo addetti ai lavori che annuivano. 

PC: Spesso nelle tue analisi parli di Massimiliano Gioni. Mi sembra di capire che il tuo interesse per questo curatore-star sia nella posizione emblematica che, correggimi se sbaglio, ricoprirebbe all’interno di un impianto fortemente improntato sull’interesse economico celato dietro a un pseudo interesse artistico. Cosa mi dici al riguardo?

LR: No, non mi interessa l’azione economica dietro l’interesse artistico. Penso che questa sia una dinamica che ormai interessa ogni ambito e non c’è nulla di male, basta saperlo. E poi non credo che Gioni agisca troppo smaccatamente in questo senso, mi sembra che faccia scelte artistiche sincere. Parlo spesso di Gioni perchè credo, forse ingenuamente, che lui condivida molte letture che ho fatto in questi anni, ma che per un motivo politico preferisca rimanere nell’ombra. Anche se spesso dialoghiamo privatamente. Inoltre credo che Gioni abbia fatto un bel lavoro con la Fondazione Trussardi. Gioni incarna un ruolo significativo oggi, una sorta di curatore-artista, una sorta di regista chiamato a gestire e rendere interessanti Biennali e Musei. In questo senso il centro dell’opera d’arte si è spostato, ma avendo solo artisti che sembrano sfumature per il dipinto curatoriale e avendo curatori che non sono propriamente artisti,il risultato finale, se ci pensi, è un grande vuoto, mascherato da una sovraproduzione di opere e progetti. 

PC: La scelta di coerenza che il tuo blog ha adottato implica che tu non abbia alcun riscontro economico diretto, attraverso pubblicità, banner e articoli retribuiti come fanno altri blogger, o almeno credo di aver capito questo. Questo blog è in realtà un mezzo per avere altri riscontri professionali o ti occupi poi di altro?

LR: Il blog è un’attività parallela, amatoriale, non professionista, ma estremamente professionale. Ho sempre sviluppato il mio lavoro senza programmi e obbiettivi specifici. Il lavoro critico, che spesso è una sorta di blocco d’appunti anche per una forma di autocritica, ha sviluppato lentamente un linguaggio progettuale. Ma sono 5 anni che lavoro quotidianamente e gratuitamente. In questo modo rimango realmente libero e indipendente. Puoi amare o odiare il mio lavoro, ma sicuramente è un lavoro sincero e autentico. Quello che trovo più preoccupante è l’anonimato della critica italiana (da anni ormai) e un pubblico abbandonato e disinteressato. Sarebbe bello fare una ricerca su quanti italiani seguono l’arte contemporanea, senza essere addetti ai lavori, collezionisti, loro amici e persone che provengono dall’indotto dell’arte (design, moda, architettura, cinema). Ma nessuno ha interessa nel fare questa ricerca, meglio tacere. Sono stato recentemente all’Hangar Bicocca che dice di fare 400.000 mila visitatori in non so quanto tempo: sono entrato e nessuno mi ha dato un biglietto, se non sbagliavo strada nessuno si sarebbe accorto del mio arrivo. Non so come possa essere attendibile la loro dichiarazione, e questo vale per tutti i musei italiani. Unico caso in cui lo stesso controllato emette i numeri su cui deve essere controllato e giudicato. Assurdo.