scroll down - quasi dimentichiamo dove sono le porte (2009-2014)










































tutto intorno a te

terra, grafite, materiali vari, macchie sullo schermo.

Bergamo





































































tao (la via o il sentiero)

una teca, azione pubblica, materiali vari.

Gordes


VIDEO_BREAKING NEWS (estensione dell'intervento a Gordes)



In 2013 I was just in France , in one of the busiest tourist sites and typical of Provence : the Abbey of Sénanque in Gordes . As you arrive you immediately notice dozens of tourists scattered in lavender , that they pose to get to take pictures in front of the famous abbey . Even the architectural structure and details return a cool place , away from any sense spiritual and religious . The systematic nature of sightseeing do not help to make the place more hospitable . Upon entering , before reaching the ticket office , I found a large empty glass case and on a sign for the visiting hours . I removed the sign and the casket remained empty ; on closer inspection a landscape finally pleasant , almost a break and decompression compared to the chaos that was going on around . Instinctively, I started photographing stubbornly casket with my digital camera . Most photographed and the more I realized how the most interesting thing in that abbey was to showcase absentmindedly left empty . Covering the photos I realized immediately that emerged from the empty elements : that void was emerging slowly from a small universe , a landscape subtly fascinating. My action began to attract the attention of tourists passing near the shrine to pick up their ticket . Some rubbed their eyes , others watched with great attention the shrine , others began to photograph them too , without really knowing what they were photographing . Were photographing a void that was not a void , a landscape able to recover and revitalize , albeit minimally , the sense of that place . I always thought that my action was a " positive attack " that instead of destroying something , trying to rebuild a sense of the place . My simple photograph a seemingly empty display case , pushing the number of tourists to slow their pace , as if waking up from the tracks and sleepy muffled mass tourism . Maybe that casket is still exposed while Blog whitehouse is always possible to see these photos . Just as with any piece of news or for the bombing of these days , we can know that "fact " in an indirect and mediated with all that this implies : to have a partial knowledge of the facts , but also to have time to look carefully at the images in the calm and tranquility of our private .























l'uomo, la donna e lo spettatore

resina, poliuretano, abiti, materiali vari.

Versailles




























tutto dove sei

macchie sullo schermo, materiali vari.

Milano


















10 settembre 2001

fotografia, dim. var.

Milano












italian area

4 testi critici sull'arte italiana, colla, polvere.

Rovereto


























...plays...

luce solare, un luogo.

Varsavia






















tutto dove sei 2

materiali vari.

Bergamo


























se non capisci una cosa cercala su you tube

materiali vari.

New York

























Luca Rossi: Radicante Anti Fragile 


Leggi anche "L'ecologia dell'arte del Sig. Rossi"






Sembra di vivere un medioevo tecnologico e informatizzato. Il movimento ai Tempi dell'Ebola è fortemente sconsigliato, ma tutto può essere dove ci troviamo. Un nomadismo sclerotico, velocissimo e immobile. L'esperienza indiretta e satura di internet è essa stessa un'esperienza diretta, che avviene nella dimensione micro, quotidiana e locale di ognuno. Sempre ed ovunque. Attraverso una democrazia dei contenuti in cui autore e spettatore coincidono significativamente: non a caso il selfie dimostra una coincidenza di autore, (primo) spettatore e contenuto. In questa sovraproduzione ritorna fondamentale argomentare le opere, fare le differenze, evitare che tutto venga omologato sullo stesso piano. Lo scoppio della bolla speculativa ci costringe finalmente a guardare le opere, forse a vederle per la prima volta, e tentare di capire perchè ci interessano.


"E' quanto sta avvenendo in quest'inizio di XXI secolo, in cui predominano in tutti i campi del pensiero e della creazione il transitorio, la velocità e la fragilità, instaurando quello che si potrebbe chiamare un regime precario dell'estetica."

"Invece che subirla o resistervi per inerzia, il capitalismo globale sembra aver fatto propri i flussi, la velocità, il nomadismo? Allora dobbiamo essere ancora più mobili. Non farci costringere, obbligare, e forzare a salutare la stagnazione come un ideale. L'immaginario mondiale è dominato dalla flessibilità? Inventiamo per essa nuovi significati, inoculiamo la lunga durata e l'estrema lentezza al cuore della velocità piuttosto che opporle posture rigide e nostalgiche. La forza di questo stile di pensiero emergente risiede in protocolli di messa in cammino: si tratta di elaborare un pensiero nomade che si organizzi in termini di circuiti e sperimentazioni, e non di installazione permanente, perennizzazione, costruito. Alla precarizzazione dell'esperienza opponiamo un pensiero risolutamente precario che si inserisca e si inoculi nelle stesse reti che ci soffocano."


Suggerisco questo libro di Taleb. ANTI FRAGILE: http://www.ilsaggiatore.com/argomenti/economia/9788842819172/antifragile/








all around you 

materiali vari, polvere, macchie, uno schermo, terra, grafite.
2014

Museo GAMeC di Bergamo.







"...un arcipelago di insurrezioni locali contro le rappresentazioni ufficiali del mondo."

"E' al momento dell'esodo in effetti che gli ebrei si mettono in viaggio lasciando dietro di sé la macchina di statue egiziane i suoi dèi pesanti è strettamente codificati le sue piramidi e la sua ossessione per l' immortalitàL'esodoscrive Peter Sloterdijk, rappresenta il momento in cui "tutte le cose devono essere rivalutate dal punto di vista della loro trasportabilità e si deve essere pronti a correre il rischio di lasciare dietro di  tutto ciò che è troppo pesante da portare per gli uomini". La posta in gioco consiste allora Mel tra scodificare Dio farlo passare dal medium della pietra quello della pergamena
In breve, nel passare dalla sedentarietà culturale a un universo nomade da una burocrazia politeista dell'invisibile è un Dio unico dal monumento al documento."


Nicolas Bourriaud 
Il radicante (2014)



Leggendo "Il radicante", mi accorgo che quello a cui constringe Luca Rossi è un esodo. Un contro movimento, un nomadismo immobile ma velocissimo, in quanto l'opera coincide sempre e ovunque con la dimensione locale dello spettatore. Opera e spettatore sono velocissimi ma immobili. In questo esodo siamo costretti ad abbandonare ciò che è troppo pesante da portare. Ed ecco che gli interventi di Luca Rossi sembrano "buchi neri" che hanno risucchiato tutto il processo che va dall'accensione delle luci nello studio dell'artista, fino all'ultimo spettatore che esce dal museo. Si passa dal monumento al documento. Ogni progetto finisce consapevolmente in una documentazione che spesso restituisce un'esperienza dell'opera più efficace e completa. In alcuni interventi Luca Rossi riconduce all'interno dell'opera, nei materiali dell'opera, anche le macchie e la polvere presente sul nostro schermo. Rendendo ancora una volta evidente come, nolenti o volenti, siamo protagonisti di un nomadismo velocissimo e allo stesso tempo immobile. Un contro movimento appunto. 

Bourriaud ci dice "come il mito postmoderno potrebbe così essere raccontato come quello di un popolo liberato da un'illusione che lo soggiogava, quello del modernismo progressista occidentale, e che si trova volta a volta galvanizzato e smantellato dal suo riflusso: s'impone il paragone col mito di Babele, costruzione universalista e prometeica. Dalla caduta della torre di Babele nacquero le molteplici lingue dell'umanità inaugurando un' era di confusione che succedette al sogno di un mondo unificato è lanciato all'assalto del futuro (il modernismo che segna l'inizio della sua fine con la crisi petrolifera del 1973). 

E adesso? Bourriaud parla di altermoderno. Non spiega bene cosa sia. Sicuramente la degenerazione del postmoderno e della post-produzione oggi coincidono con lo scoppio di una bolla speculativa che investe il mercato dell'arte contemporanea (2009-2014). Non si chiede il nuovo e l'innovazione ma una consapevolezza. 

A mio parere Luca Rossi individua quattro direttive. La prima è lo stimolo ad un confronto critico vitale. La seconda una rinnovata attenzione per un nuovo rapporto con il pubblico. La terza si divide in due strade: un nomadismo veloce ed immobile ed uno sviluppo di opere d'arte "consapevoli", che possano affrontare finalmente frontalmente i fantasmi del modernismo e del postmodernismo. Opere che escano dai soliti rituali e che diventino esse stesse dispositivi di innesco, da una parte per il confronto critico e dall'altra per un inedito rapporto con il pubblico. Ma questa ultima direttiva è ancora top secret. 

Eve Rand










L'ecologia dell'arte del Sig. Rossi


Noi non cesseremo l’esplorazione
E la fine di tutte le nostre ricerche
Sarà di giungere là dove siamo partiti,
E conoscere quel luogo per la prima volta.

T.S. Eliot – Quattro quartetti


(..) "mi interessa che l'opera sia una sorta di buco nero che risucchia il processo che va dall'accensione delle luci nello studio dell'artista fino all'ultimo spettatore che esce dal museo. Questo avviene guardando quell'opera. Non mi interessa altro, solo il dato scultoreo per riempire uno spazio. Sono tutti "rossi", una scelta stupida, le soluzioni intelligenti trovano subito gli anticorpi." (..) 

Luca Rossi 






Quella a cui costringe Luca Rossi è un'ecologia dell'arte, come reazione ad una sovraproduzione di opere e progetti, la cui unica discriminante sembra essere la selezione da parte delle pubbliche relazioni considerate "migliori" e più attendibili. Il curatore sembra avere il coltello dalla parte del manico, mentre gli artisti sembrano sfumature deboli, omologate e intercambiabili per il "dipinto curatoriale". Ma non essendo il curatore propriamente un artista, come per esempio il regista che coordina un'opera realmente unitaria, il risultato finale è un vuoto. Cosa rimane delle Biennali e delle mostre da qualche anno a questa parte? Forse il nome del curatore e qualche barlume di opera. Un vuoto mascherato da sovraproduzione. 

Per tanto è necessaria una profonda ridefinizione di ruolo dove l'artista, comunemente inteso, decide di fare tre passi indietro rispetto all'ammucchiata della sovra-produzione e del sovra-possesso di cose e di opere. Per questo nel caso di Luca Rossi non parlerei di una nuova avanguardia, ma di una "retroguardia". Non tanto un'azione volta a criticare tutto e smaterializzare tutto, quanto un'azione volta a stimolare una lettura critica delle opere, anche partendo da domande e interrogativi elementari e frontali. Le opere e i progetti di Luca Rossi sono delle conseguenze.



Cy Twombly : (silenzio)
“La gente non vuole più fare il pubblico, né l'allievo, 
vuole entrare nella cosa, ossia sente che c'è già dentro.”


Luca Rossi come blogger è prima di tutto uno "spettatore speciale", o uno spettatore-curatore che decide di "curare" realmente la propria visione e lettura delle cose. Per tanto nel ruolo di blogger troviamo una fusione e confusione di più ruoli: artista, critico, curatore, spettatore, commentatore, addetto stampa, direttore di rivista, ecc ecc. Seguendo dal suo inizio il percorso del Blog Whitehouse, possiamo delineare tre anime: un'anima critica, che si sviluppa sul blog ma soprattutto nei commenti e in numerosi articoli su riviste di settore; un'anima progettuale, e quindi un linguaggio che è disceso spontaneamente dal percorso critico, e infine la definizione di un progetto concreto per l'education e quindi finalizzato alla divulgazione e all'allargamento del pubblico dell'arte. 

A mio parere l'anima progettuale-linguistica è quella più interessante, perchè è capace di contenere le altre due. Infatti ogni opera d'arte ha sempre una valenza critica: se io scelgo, per esempio, il nero significa che ho deciso, criticamente, di escludere tutti gli altri colori. E quindi ci saranno della ragioni e delle motivazioni per la mia scelta critica. Allo stesso tempo il linguaggio di Luca Rossi, capace di entrare nel privato di ognuno di noi tramite il blog, tende a stabilire con lo spettatore una relazione diretta, dialettica e continuativa, all'interno della quale confrontarsi sull'opera e sul suo presunto "valore". 


"Se l'arte non avesse una valore per la nostra vita di tutti i giorni, potremo benissimo seppellire l'arte" (Luca Rossi). 

"Quando diciamo di non capire un'opera d'arte, diamo per scontato di capire tutto il resto. Ne siamo sicuri? O l'opera d'arte agisce come una spia luminosa, che ci avvisa che forse non stiamo capendo tutto il resto? 
C'è la pretesa stupida e romantica che l'arte debba essere diretta, immediata e democratica, quando questo non avviene per nessun ambito umano. Se entriamo in un Tribunale, in una Sala Operatoria o alla Borsa di Milano, possiamo dire di capire tutto? Non credo. E cosa succederebbe se il paziente dovesse capire immediatamente tutte le cose e le pratiche di una Sala Operatoria? Il paziente morirebbe. 
Anche nell'arte servono strumenti, nozioni e conoscenza della storia. L'arte è come una palestra e un laboratorio, dove allenare e sperimentare modi e atteggiamenti che possono avere un valore nella nostra quotidianità" (Luca Rossi) 



Non esagero paragonando il lavoro di Luca Rossi a quello di artisti come Duchamp, Burri, Fontana o Manzoni. Come per questi artisti l'opera di Luca Rossi apre, in definitiva, ad una nuova dimensione di libertà. Le opere di Luca Rossi finiscono sempre dove si trova l'osservatore, e per un tempo indefinito. La dimensione privata e locale dell'osservatore coincide con quella dell'autore, in uno scambio potenzialmente paritetico. Questo nella convinzione che l'unico "spazio politico" per un cambiamento e una rivoluzione sia il nostro spazio quotidiano e locale. Ogni scelta in questo spazio può essere cento volte più forte di una tendenza globale. Ognuno di noi può vincere "uno a zero" contro il Presidente degli Stati Uniti. Semplicemente ci rassicura e ci consola pensare che esista un'azione globale che ci sovrasta e verso la quale non possiamo fare nulla. 

Il problema non è più il nuovo o l'innovazione, e neanche la "partecipazione" alla mostra. L'urgenza di Luca Rossi è una consapevolezza dell'opera rispetto alle intenzioni dell'autore e al contesto in cui l'opera è collocata. Allo stesso tempo Luca Rossi può partecipare e intervenire ovunque, per tanto la cosa importante sembra la responsabilità di questa partecipazione, riferita specificatamente alla sovra-produzione e al sovra-possesso.

L'ecologia dell'arte di Luca Rossi riduce al minimo la produzione, comunemente intesa, e soprattutto l'energia consumata per l'ennesimo progetto. Autore e osservatore potrebbero rimanere immobili dove si trovano. Allo stesso tempo "quello che già possediamo" sembra sufficiente per avere l'opera. L'opera, come elemento convenzionale ed oggettuale, rimane ad uno stadio potenziale, e sembra una conseguenza non sempre necessaria. 

CG








Appunti:



Scrive un ETERONOMO di Fernando Pessoa: 

“Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. Passo di giorno in giorno come di stazione in stazione, nel treno del mio corpo o del mio destino, affacciato sulle strade e sulle piazze, sui gesti e sui volti sempre uguali e sempre diversi, come in fondo sono i paesaggi.
Se immagino, vedo. Che altro faccio se viaggio? Soltanto l’estrema debolezza dell’immaginazione giustifica che ci si debba muovere per sentire.
“Qualsiasi strada, questa stessa strada di Entepfuhl, ti porterà in capo al mondo.” Ma il capo del mondo, da quando il mondo si è consumato girandogli intorno, è lo stesso Entepfuhl da dove si è partiti. In realtà il capo del mondo, come il suo inizio, è il nostro concetto del mondo. E’ in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo come vedo gli altri. A che scopo viaggiare? A Madrid, a Berlino, in Persia, in Cina, al Polo; dove sarei se non dentro me stesso e nello stesso genere delle mie sensazioni?
La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo.”













SOMMARIO 

TESTO FOCUS su "Speaking About" di Eve Rand

INTERVISTA DI LUCA ROSSI a MAURIZIO CATTELAN

ARTICOLO FLASH ART ITALIA 2009





All around you on 34 seconds (ordina una pizza ogni giovedì a Torino in via Modane 16 per le ore 20, puoi cercare le pizzerie da asporto a Torino su Google)

polvere e macchie sullo schermo, azione degli utenti, azione critica, materiali vari.
2014

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino.










Dopo l'arte
After Art


David Joselit

postmedia books 2015
96 pp. 52 ill.
isbn 9788874901302-

L'arte, così come la conosciamo, sta cambiando drammaticamente, ma una reazione pubblica e/o critica tarda ad arrivare. Con questo brillante saggio illustrato, David Joselit descrive come l'arte e l'architettura si stiano trasformando nell'era di Google. Dietro la doppia spinta della tecnologia digitale (che consente di riformattare e diffondere le immagini senza sforzo) e l'accelerazione esponenziale dello scambio culturale attivate dalla globalizzazione, artisti e architetti stanno mettendo in evidenza Reti e network come mai prima. Alcune delle più interessanti opere contemporanee in entrambi i campi ora si basano sulla visualizzazione di modelli di diffusione dopo che sono stati prodotti oggetti e strutture, e dopo che sono entrati in network diversi (o hanno addirittura contribuito a costruirli). Comportandosi come se fossero motori di ricerca umani, artisti e architetti catturano e riformattano contenuti esistenti. Le opere d'arte risultano dalla cristallizzazione di moltitudini di immagini...


Ciò che risulta dopo l'era dell'arte è un nuovo tipo di energia che l'arte convoglia nei suoi formati eterogenei. L'arte crea connessioni tra élite sociali, filosofie sofisticate, una gamma di capacità tecnico-manuali atte alla rappresentazione, un pubblico di massa, dinamiche di attribuzione di significato alle immagini, speculazione finanziaria e affermazione di identità nazionali ed etniche. Né l'educazione superiore, né il campo dell'intrattenimento possiedono un format di questo genere. Per esempio, il mondo dell'arte connette un prezioso capitale culturale e un sofisticato discorso filosofico all'appetito delle masse e al mero potere finanziario. Né le università (i cui legami con la finanza sono più discreti e l'accesso del pubblico più limitato) né l'industria cinematografica (che attinge poco e niente alla cultura alta) riescono a raggiungere questa sapiente combinazione.


Dopo l'arte avrebbe potuto anche intitolarsi Dopo l'aura, considerato che risponde elegantemente a Walter Benjamin e al suo senso di perdita dell'arte nell'epoca della riproduzione tecnologica.


all around you


materiali vari, polvere, macchie, uno schermo, terra, grafite.
2014


Museo GAMeC di Bergamo.

SPEAKING ABOUT. Una mostra sul valore delle opere d’arte nella vita di tutti i giorni












30 opere di Luca Rossi considerato da autorevoli esponenti del mondo dell’arte una delle personalità artistiche più interessanti in Italia. Un dialogo serrato ed improvvisato tra opere, pubblico e grandi della storia dell’arte. 

PRIMA PARTE dal 13 dicembre al 18 dicembre 2014
SECONDA PARTE dal 22 gennaio al 27 gennaio 2015 (in concomitanza della manifestazione Arte Fiera a Bologna)

Inaugurazioni:

PRIMA INAUGURAZIONE: sabato 13 dicembre  2014
ore 17.00 inaugurazione presso Salannunziata di Imola
ore 18.00 visita guidata alla mostra

dal 13 dicembre al 18 dicembre 2014, tutti i giorni negli orari di mostra workshop aperto a tutti. 

SECONDA INAUGURAZIONE: giovedì 22 gennaio 2015
ore 17.00 inaugurazione presso Salannunziata. 
 di Imola
ore 18.00 visita guidata alla mostra
dal 22 gennaio al 27 gennaio 2015, tutti i giorni negli orari di mostra workshop aperto a tutti

Sede: 
Salannunziata di Imola


"Luca Rossi è la nuova Vanessa Beecroft."
Giacinto Di Pietrantonio, Direttore del Museo GAMeC (Bergamo)
Artibune Magazine



"A dirla tutta, I’m not Roberta (un progetto del 2010 di Luca Rossi) mi ha fatto più pensare che non decine di altri progetti artistici che ho visitato dal vero.”
Alfredo Cramerotti, Direttore Museo Mostyn (Scozia) 
Artribune Magazine



"Luca Rossi è la personalità artistica più interessante del panorama italiano di questo momento. Lo è perché, insieme ai contenuti, rinnova anche il linguaggio. In prospettiva, potrebbe modificare anche il sistema."
Fabio Cavallucci, Direttore del Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci (Prato)
Exibart Magazine


Luca Rossi sceglie Imola per presentare per la prima volta una serie di opere d’arte che, citando il mondo della moda, potremo definire “prêt-à-porter” rispetto alla ricerca che dal 2009 viene sviluppata attraverso il blog Whitehouse.

La mostra prelude alla partenza di un sito di e-commerce per la vendita on line di opere d’arte a prezzi “giusti” e “solidali”. Il progetto prevede il coinvolgimento di altri artisti affermati o appena usciti dalle scuole d’arte. 

Alla mostra saranno liberamente presenti: Richard Long, Joseph Kosuth, Germano Sartelli, Lucio Fontana, Mark Rothko, Gherard Richter, Alberto Burri, Giulio Paolini, Piero Manzoni, Ian Wilson, Franz Kline, Alighiero Boetti, Sol Lewitt, Giorgio Morandi, Cy Twombly, Andy Warhol, Marcel Duchamp, Joseph Beuys, Roy Lichtenstein, Francis Bacon, Enzo Cucchi, Mimmo Rotella, Giovanni Anselmo. 



Nel 2009 nasce in Italia il blog Whitehouse gestito da Luca Rossi e da subito iniziano a delinerasi tre diverse anime: la prima sviluppa un percorso di critica d’arte rispetto la scena italiana e internazionale, la seconda è impegnata in una progettualità artistica non convenzionale e la terza, attraverso progetti specifici, tenta di colmare il gap e la distanza che intercorre tra arte contemporanea e pubblico. Il blog Whitehouse è diventato molto popolare fra gli addetti ai lavori soprattutto perchè ha sviluppato una sferzante critica al sistema dell'arte contemporanea nazionale e internazionale, ospitando sulle sue pagine le personalità nazionali e internazionali più importanti del settore (Francesco Bonami, Angela Vettese, Massimiliano Gioni, Jens Hoffman, Fabio Cavallucci, Giacinto Di Pietrantonio, Luca Beatrice, Andrea Lissoni, Alfredo Cramerotti e molti altri). Da questa azione critica è disceso quasi logicamente un nuovo approccio nel pensare l'opera d'arte e nell'organizzare mostre e progetti d'arte. Inoltre nel 2010 è partito un articolato progetto di divulgazione finalizzato a diminuire la distanza e il gap che intercorre tra l'arte contemporanea e il pubblico (Corso pratico di arte contemporanea, Duchamp Chef). Questa stessa mostra vorrebbe essere soprattutto l'occasione e il pretesto per parlare di arte, del suo valore nella società odierna, e delle sue ragioni e motivazioni; per "parlarne", proprio come recita il titolo (speaking about). L’arte contemporanea può essere oggi una straordinaria palestra e laboratorio per sviluppare modi, atteggiamenti e sensibilità che possono avere un valore concreto nella nostra vita di tutti i giorni. 

In questa mostra Luca Rossi presenta una serie variegata ed eterogenea di opere che possono essere definite come la versione “prêt-à-porter” del linguaggio artistico che è stato sviluppato negli ultimi sei anni tramite il blog Whitehouse. Esattamente come avviene nella moda esiste l'alta moda che implica il massimo grado di sperimentazione e il prêt-à-porter ("pronto da portare") che declina la concezione dell'alta moda in proposte maggiormente convenzionali e fruibili da un pubblico vasto. Questa mostra riguarda questa seconda opportunità, non meno importante della prima e che può diventare l'occasione per addentrarsi ed approfondire anche il primo approccio. Se ogni progetto di “alta moda”, presentato sul blog Whitehouse, asseconda la fluidità, la fragilità e la precarietà del mondo contemporaneo, le opere della mostra “Speaking About” affrontano frontalmente i fantasmi del modernismo e del post modernismo. Solo in questo modo possiamo sviluppare un atteggiamento davvero contemporaneo, che potremo definire “antifragile”(1) e “altermoderno”(2). E quindi una rinnovata capacità di reagire allo stato di crisi e precarietà, nella convinzione che lo spazio politico più efficace su cui incidere sia quello privato, micro e locale che troviamo intorno ad ognuno di noi. 


Dal libro “Il Radicante” di Nicolas Bourriaud.
Dal libro “Antifragile. Prosperare nel disordine” di Nassim Nicolas Taleb.


Salannunziata, Via Fratelli Bandiera 17a, Imola

Orario
sabato e domenica: 17-19
dal lunedì a giovedì: 16-19
Ingresso libero

Mostra realizzata dal Blog Whitehouse con la collaborazione 
della Città di Imola/Assessorato alla cultura e alla promozione della città/Musei Civici


Informazioni e materiali stampa:
Ufficio Stampa Whitehouse whiteblog.rossi@gmail.com, 3478864509


Breve Biografia di Luca Rossi: 


Luca Rossi ha scelto di mantenere una distanza rispetto ai soliti rituali del sistema dell'arte. Da distante le cose si vedono meglio, e nulla vieta di arrivare improvvisamente. La sensazione che le pubbliche relazioni contino maggiormente delle ragioni e delle urgenze delle opere, ha innescato un processo critico verso il sistema, al fine di recuperare tali ragioni e urgenze, o diversamente, al fine di seppellire le opere nel caso non sia possibile trovare tali ragioni. Da tale azione critica è discesa spontaneamente una progettualità specifica, e non ultimo un progetto parallelo al fine di allargare e interessare il pubblico.Tale azione si è sviluppata attraverso il blog Whitehouse, attraverso numerosi interventi con articoli su riviste specializzate (Flash Art Italia, Artribune Magazine, Artribune on line, Exibart) e attraverso una continua attività di commento (in cinque anni si stimano circa 3000 commenti, e un'attività continua su social network come Facebook, Twitter e Skype).Tra il 2009 e il 2014 anni sono state pubblicate numerose interviste con alcuni dei protagonisti del sistema dell'arte: Angela Vettese, Francesco Bonami, Andrea Lissoni, Massimiliano Gioni, Massimo Minimi, Jens Hofmann, Alfredo Cramerotti, Luca Beatrice, Pier Luigi Sacco, Fabio Cavallucci, Michele Dantini, Roberto Ago, Stefano Mirti, Giacinto Di Pietrantonio, Giorgio Andreotta Calò, Valentina Vetturi, Danilo Correale, Cesare Pietroiusti. Sono stati organizzati progetti in numerosi contesti: New Museum (New York), Gagosian Gallery (New York), Galleria Zero (Milano), Uffici Imperatore (Milano), Whitney Museum (New York), Mart (Rovereto), Biennale di Carrara (2010), Galleria Civica (Trento), Palazzo Vecchio (Firenze), Ben Youssef Madrasa (Marrakech), Galleria Massimo De Carlo (Milano), Galleria T293 (Napoli, Roma), Tate Modern/Turbine hall (Londra), Komá Gallery (Molise), casa privata (Lubiana), Magazzino merci (New York), Castello Uzunosky (Varsavia), galleria privata (Varsavia), Punta della Dogana (Venezia), Biennale di Venezia (2013), Padiglione Paesi Nordici (Venezia, 2013), Fondazione Beyeler (Svizzera), Guggenheim Museum (New York), Sénanque Abbey (Francia), Castello di Versailles (Francia), GAMeC (Bergamo), Song Eun Art Space (Korea), Salannunziata (Imola).






INTERVISTA DI PRESENTAZIONE (IN PROGRESS):



MG: Ho letto in anteprima il comunicato stampa del tuo nuovo progetto (Speaking About. Una mostra sul valore delle opere d'arte nella vita di tutti i giorni) e una breve brochure che sarà una sorta di guida per la visita della mostra. Vorrei chiederti cosa intendi quando parli di "altermoderno", termine scelto dal critico Nicolas Bourriaud per identificare quella fase che segue il postmoderno.


Luca Rossi: Da inizio Novecento fino all'inizio degli anni settanta, troviamo le avanguardie e le neoavanguardie moderniste che cercavano di sviluppare principi nuovi come fossero promesse di sviluppo e crescita costante. Con la crisi petrolifera del 1973 le certezze moderniste iniziano a scricchiolare per poi passare lentamente nel postmoderno, e quindi in una fase di critica, rivalutazione e superamento delle fase precedente. In particolare con la globalizzazione e la caduta dei regimi della guerra fredda, negli anni novanta, abbiamo una faste di post produzione, dove gli artisti, come è avvenuto con le pretese nazionalistiche, sembrano rivendicare tante diverse individualità che ripropongono e remixano quello che era successo precedentemente. Secondo Nicolas Bourriaud, lo spirito altermoderno arriva dopo questa fase di post produzione che ha significativamente coinciso con una bolla speculativa in cui i prezzi delle opere d'arte sono stati gonfiati arbitrariamente. L'altermoderno reagisce all'instabilità e alla precarietà di un mondo ultra-globalizzato e ultra-flessibile, assecondando tale tendenza. Riporto due passaggi dal libro Il Radicante di Nicolas Bourriaud:


"E' quanto sta avvenendo in quest'inizio di XXI secolo, in cui predominano in tutti i campi del pensiero e della creazione il transitorio, la velocità e la fragilità, instaurando quello che si potrebbe chiamare un regime precario dell'estetica."


"Invece che subirla o resistervi per inerzia, il capitalismo globale sembra aver fatto propri i flussi, la velocità, il nomadismo? Allora dobbiamo essere ancora più mobili. Non farci costringere, obbligare, e forzare a salutare la stagnazione come un ideale. L'immaginario mondiale è dominato dalla flessibilità? Inventiamo per essa nuovi significati, inoculiamo la lunga durata e l'estrema lentezza al cuore della velocità piuttosto che opporle posture rigide e nostalgiche. La forza di questo stile di pensiero emergente risiede in protocolli di messa in cammino: si tratta di elaborare un pensiero nomade che si organizzi in termini di circuiti e sperimentazioni, e non di installazione permanente, perennizzazione, costruito. Alla precarizzazione dell'esperienza opponiamo un pensiero risolutamente precario che si inserisca e si inoculi nelle stesse reti che ci soffocano."


Naturalmente tale atteggiamento è ancora in essere, per tanto risulta difficile e controproducente cercare definizioni troppo definite. In questi sei anni di lavoro del blog Whitehouse, da un costante lavoro critico, è disceso spontaneamente un linguaggio che mi ha portato a riconsiderare il ruolo di artista, la definizione di opera d'arte e di conseguenza il format della mostra d'arte. Senza neanche rendermene conto ho realizzato un nomadismo che risulta simultaneamente velocissimo e immobile: immobile perchè autore, opera e spettatore rimangono immobili dove sono, velocissimo perchè l'opera si trova sempre dove si trova lo spettatore. Un nomadismo che mi piace definire come sclerotico. Le opere che saranno presentate nella mostra Speaking About discenderanno rigorosamente da tale atteggiamento "altermoderno", ma saranno la versione convenzionale e "pret a porter" del lavoro fatto in questi sei anni. Ogni opera potrà dirsi completa solo dopo un dialogo intorno ad essa, finalizzato ad individuarne il suo valore. Il prezzo, diverso dal valore, sarà "giusto" e solidale, lontano dalla degenerazioni che hanno avvelenato il mercato del contemporaneo. Da febbraio il progetto passerà su una piattaforma di e-commerce e potrà essere aperto anche ad altri artisti. Le opere in mostra non saranno sature del lavoro critico e metodico che ho sviluppato in questi sei anni sul blog Whitehouse e sulle principali riviste del settore.


MG: Ci puoi spiegare cosa intendi quando parli di un'opera d'arte altermoderna?


LR: Il blog Whitehouse ha sviluppato in questi anni più di 20 progetti che hanno affrontato in modo diverso e specifico quello che Nicolas Bourriaud definisce, nel suo libro "Il Radicante", come altermoderno. Nel caso delle mostra, ogni opera è realizzata affrontando frontalmente i fantasmi del modernismo e del postmodernismo. Le opere non si potranno dire "moderne", in quanto giocano e sovrappongono, al limite della parodia, concetti e pratiche moderniste, ma non potranno dirsi neanche "postmoderne", perchè faranno diretto e attento riferimento al modernismo. Si potranno appunto definire "altermoderne", come precipitati e testimoni di un atteggiamento "giocoso" che asseconda ed esorcizza la flessibilità del mondo contemporaneo. La finalità dell'opera non è più la novità, l'innovazione, la provocazione o la novità d'archivio, come abbiamo visto nel moderno e nel post moderno, ma una rinnovata consapevolezza rispetto a quello che vediamo e a come lo vediamo. Per tanto si può capire come l'arte contemporanea possa potenzialmente presiedere ad ogni ambito e disciplina umani. Bruno Murari diceva: "saper vedere per saper progettare". Mi piace pensare che la capacità di vedere possa concretamente cambiare il mondo, e il primo passo per farlo non è la rivoluzione ma la consapevolezza su quello che abbiamo di fronte.


MG: Le opere che presenterai ad Imola saranno "dal vero" mentre tutti i progetti presentati sul blog finiscono sempre in una dimensione mediata, dove l'esperienza risulta essere indiretta. 

LR: Non è esattamente così. Questo è il punto: anche quando siamo davanti ad uno schermo stiamo facendo un'esperienza "dal vero" e diretta. Quindi bisogna porsi l'interrogativo su cosa significhi "dal vero" ed "esperienza diretta". Questo interrogativo è fondamentale rispetto al concetto di rivoluzione e cambiamento: pensiamo sempre che il cambiamento debba discendere dall'alto da una dimensione "macro" in cui i protagonisti sono i potenti e colori che tengono i fili del sistema. Lo spazio più efficace per cambiare e fare la rivoluzione è lo spazio micro e locale intorno a noi, ossia la dimensione "indiretta" (ma che in reatà non lo è) in cui finiscono i progetti di Whitehouse. La stessa dimensione in cui partono, creando così un nomadismo velocissimo in cui autore, spettatore e opera sono sempre nel medesimo luogo. 

MG: Le opere di Speaking About come si collocano in questo ragionamento?

LR: In questo progetto "dal vero" si sovrappongono le tre anime del blog: critica, progettualità e divulgazione. Per tanto viene creata una dimensione più tradizionale e convenzionale (diversa da quella privata in cui lo spettatore è solo) dove si può innescare un confronto aperto e dialogico. Le opere d'arte, proposte a prezzi low cost, possono facilmente diventare testimoni e compagne di vita, nelle case delle persone, esattamente come il blog entra nelle case, ma questa volta attraverso una forma più tradizionale e convenzionale. Ogni opera è intesa come testimone di atteggiamenti, modi, sensibilità e visioni che possono avere un valore per la vita di ogni giorno. Come se ognuno di noi avesse una persona in cucina o in salotto che sta immobile e che ogni giorno ci ricorda qualcosa di utile. 

continua....

fai da te_radicante anti fragile











Cy Twombly : (silenzio)
“La gente non vuole più fare il pubblico, né l'allievo, 
vuole entrare nella cosa, ossia sente che c'è già dentro.”













La ricerca di un nuovo equilibrio capitalitistico, e quindi la crisi, convive con una fase di grande sviluppo della tecnologia e dei mezzi di comunicazione. Come a dire, siamo poveri ma abbiamo tutti l'i-Phone con il quale possiamo "partecipare", dire la nostra, e avere finalmente i 15 minuti di celebrità che Andy Warhol aveva profetizzato negli anni '60. Una democrazia dei contenuti in cui autore e spettatore coincidono significativamente: non a caso il selfie dimostra una coincidenza di autore, (primo) spettatore e contenuto. In questa sovraproduzione ritorna fondamentale argomentare le opere, fare le differenze, evitare che tutto venga omologato sullo stesso piano. Lo scoppio della bolla speculativa ci costringe finalmente a guardare le opere, forse a vederle per la prima volta, e tentare di capire perchè ci interessano.

Dove sta il valore dell'arte? Delle opere d'arte? Diversamente a cosa serve l'arte? Una riflessione sul valore dell'arte non può essere oggi scollegata da una lettura semplice (non semplicistica) e legata alla nostra vita quotidiana. Alla nostra dimensione micro e locale. Soprattutto oggi con la crisi delle democrazione occidentali: crisi della rappresentazione artistica - bombardamento di immagini - quanto della rappresentazione politica - i nostri rappresentanti non ci rappresentano e dal 2008 in Italia non eleggiamo un Presidente del Consiglio.

Con la crisi delle democrazie ci accorgiamo che l'unico "spazio politico" praticabile con efficacia sia proprio la nostra dimensione micro e quotidiana. La scelta e la decisione che ognuno di noi può prendere nella sua vita vale 10-20 volte le ricadute che una scelta del Presidente degli Stati Uniti o del Consiglio, può avere su ognuno di noi. Semplicemente ci rassicura e ci fa comodo (perchè de-responsabilizza) pensare che non sia così. Concetti che non sono nuovi ma che con la crisi economica che preme e milioni di persone che aspettano interventi risolutivi dall'alto (interventi macro), diventano di stretta attualità. Luca Rossi non solo rende l'oggetto e la materia dell'opera marginali (recentemente ha presentato una serie di opere che giocano con l'arte moderna, usando unicamente le cose del "fai da te"), ma agisce, ed invita ad agire lo spettatore, solo ed esclusivamente in questa dimensione micro e locale. In particolare tutti i progetti di Luca Rossi iniziano e finiscono "dove ci si trova in questo momento". Se la flessibilità nel movimento di cose e persone ha contribuito allo stato di cirsi, il Sig. Rossi diventa ancora più fluido e flessibile, l'opera si trova sempre dove si trova lo spettatore. Si tratta di un nomadismo velocissimo ed immobile, in quanto opera e spettatore si trovano immediatamente nello stesso luogo, pur rimanendo immobili. E' il caso di uno degli ultimi interventi di Luca Rossi, siamo alla GAMeC di Bergamo: nella scena percepiamo elementi reali ed elementi che reali non sembrano, come un grande ammasso di materia al centro della stanza. Non sappiamo se questa "materia", ottenuta banalmente con un qualsiasi programma simile a photoshop, nasconda qualcosa o se non sia forse un sovraccarico formale, come se portassimo nella stanza del museo, contemporaneamente, tutte le opere passate da un dato punto. E questo sovraccarico formale, questa abbondanza di oggetti di cui possiamo godere, corrisponde impietosamente ad un vuoto di contenuti. Cosa rimane delle centinaia di opere che troviamo per le Biennali d'arte di tutto il mondo? E delle migliaia di post su Facebook o contenuti sul web? Contenuti e opere a cui noi tutti possiamo partecipare facilmente armati di iPhone, e che possiamo replicare e condividere ulteriormente e in modo esponenziale con i nostri amici e conoscenti.


Estratti da "Il Radicante" di Nicolas Bourriaud:


"E' quanto sta avvenendo in quest'inizio di XXI secolo, in cui predominano in tutti i campi del pensiero e della creazione il transitorio, la velocità e la fragilità, instaurando quello che si potrebbe chiamare un regime precario dell'estetica."

"Invece che subirla o resistervi per inerzia, il capitalismo globale sembra aver fatto propri i flussi, la velocità, il nomadismo? Allora dobbiamo essere ancora più mobili. Non farci costringere, obbligare, e forzare a salutare la stagnazione come un ideale. L'immaginario mondiale è dominato dalla flessibilità? Inventiamo per essa nuovi significati, inoculiamo la lunga durata e l'estrema lentezza al cuore della velocità piuttosto che opporle posture rigide e nostalgiche. La forza di questo stile di pensiero emergente risiede in protocolli di messa in cammino: si tratta di elaborare un pensiero nomade che si organizzi in termini di circuiti e sperimentazioni, e non di installazione permanente, perennizzazione, costruito. Alla precarizzazione dell'esperienza opponiamo un pensiero risolutamente precario che si inserisca e si inoculi nelle stesse reti che ci soffocano."








all around you 

materiali vari, polvere, macchie, uno schermo, terra, grafite.
2014

Museo GAMeC di Bergamo.







"...un arcipelago di insurrezioni locali contro le rappresentazioni ufficiali del mondo."

"E' al momento dell'esodo in effetti che gli ebrei si mettono in viaggio lasciando dietro di sé la macchina di statue egiziane i suoi dèi pesanti è strettamente codificati le sue piramidi e la sua ossessione per l' immortalità. L'esodo, scrive Peter Sloterdijk, rappresenta il momento in cui "tutte le cose devono essere rivalutate dal punto di vista della loro trasportabilità e si deve essere pronti a correre il rischio di lasciare dietro di tutto ciò che è troppo pesante da portare per gli uomini". 

La posta in gioco consiste allora nel tra scodificare Dio, farlo passare dal medium della pietra quello della pergamena.

In breve, nel passare dalla sedentarietà culturale a un universo nomade da una burocrazia politeista dell'invisibile è un Dio unico dal monumento al documento."



Dal Monumento al Documento. Leggendo "Il Radicante" mi accorgo che quello a cui constringe Luca Rossi è un esodo. Un contro movimento, un nomadismo immobile ma velocissimo, in quanto l'opera coincide sempre e ovunque con la dimensione locale dello spettatore. Opera e spettatore sono velocissimi ma immobili. In questo esodo siamo costretti ad abbandonare ciò che è troppo pesante da portare. Ed ecco che gli interventi di Luca Rossi sembrano "buchi neri" che hanno risucchiato tutto il processo che va dall'accensione delle luci nello studio dell'artista, fino all'ultimo spettatore che esce dal museo. Si passa dal monumento al documento. Ogni progetto finisce consapevolmente in una documentazione che spesso restituisce un'esperienza dell'opera più efficace e completa. In alcuni interventi Luca Rossi (come avviene anche nell'intervento alla GAMeC) riconduce all'interno dell'opera, nei materiali dell'opera, anche le macchie e la polvere presente sul nostro schermo. Rendendo ancora una volta evidente come, nolenti o volenti, siamo protagonisti di un nomadismo velocissimo e allo stesso tempo immobile. 

Bourriaud scrive "come il mito postmoderno potrebbe così essere raccontato come quello di un popolo liberato da un'illusione che lo soggiogava, quello del modernismo progressista occidentale, e che si trova volta a volta galvanizzato e smantellato dal suo riflusso: s'impone il paragone col mito di Babele, costruzione universalista e prometeica. Dalla caduta della torre di Babele nacquero le molteplici lingue dell'umanità inaugurando un' era di confusione che succedette al sogno di un mondo unificato è lanciato all'assalto del futuro (il modernismo che segna l'inizio della sua fine con la crisi petrolifera del 1973)".

E adesso? Bourriaud parla di altermoderno. Non spiega bene cosa sia. Sicuramente la degenerazione del postmoderno e della post-produzione oggi coincidono con lo scoppio di una bolla speculativa che investe il mercato dell'arte contemporanea (2009-2014). Non si chiede il nuovo e l'innovazione ma una consapevolezza. 

A mio parere Luca Rossi individua quattro direttive. La prima è lo stimolo ad un confronto critico vitale. La seconda una rinnovata attenzione per un nuovo rapporto con il pubblico. La terza si divide in due strade: un nomadismo veloce ed immobile ed uno sviluppo di opere d'arte "consapevoli" che possano affrontare frontalmente i fantasmi del modernismo e del postmodernismo. Opere che escano dai soliti rituali e che diventino esse stesse dispositivi di innesco, da una parte per il confronto critico e dall'altra per un inedito rapporto con il pubblico. Ed ecco il progetto "pret a porter"  presentato recentemente in occasione di Arte Fiera Bologna ("Speaking About"), dove ogni opera presenta nei materiali "un dialogo", diventando essa stessa pretesto per una riflessione con lo spettatore stesso. Tali opere, attraverso prezzi accessibili, hanno l'ambizione di entrare nelle case, esattamente come il blog è in grado di entrare nelle case delle persone. Potete vedere alcune opere di questa serie qui: http://tinyurl.com/p7ovhmo

Eve Rand





























                  


                      




Luca Rossi ha scelto di mantenere una distanza rispetto ai soliti rituali del sistema dell'arte. Da distante le cose si vedono meglio, e nulla vieta di arrivare improvvisamente. La sensazione che le pubbliche relazioni contino maggiormente delle ragioni e delle urgenze delle opere, ha innescato un processo critico verso il sistema, al fine di recuperare tali ragioni e urgenze, o diversamente, al fine di seppellire le opere nel caso non sia possibile trovare tali ragioni. Da tale azione critica è discesa spontaneamente una progettualità specifica, e non ultimo un progetto parallelo al fine di allargare e interessare il pubblico.

Tale azione si è sviluppata attraverso il blog Whitehouse, attraverso numerosi interventi con articoli su riviste specializzate (Flash Art Italia, Artribune Magazine, Artribune on line) e attraverso una continua attività di commento (in cinque anni si stimano circa 3000 commenti, e un'attività continua su social network come Facebook, Twitter e Skype).Tra il 2009 e il 2014 anni sono state pubblicate numerose interviste ai protagonisti del sistema dell'arte e a figure considerate interessanti: Angela Vettese, Francesco Bonami, Andrea Lissoni, Linda Randazzo, Massimiliano Gioni, Massimo Minimi, Jens Hofmann, Giulia De Monte, Alfredo Cramerotti, Luca Beatrice, Pier Luigi Sacco, Fabio Cavallucci, Michele Dantini, Roberto Ago, Stefano Mirti, Giacinto Di Pietrantonio, Giorgio Andreotta Calò, Valentina Vetturi, Danilo Correale, Cesare Pietroiusti, Micol Di Veroli. Sono stati organizzati progetti in numerosi contesti: New Museum (New York), Gagosian Gallery (New York), Galleria Zero (Milano), Uffici Imperatore (Milano), Whitney Museum (New York), Mart (Rovereto), Biennale di Carrara (2010), Galleria Civica (Trento), Palazzo Vecchio (Firenze), Ben Youssef Madrasa (Marrakech), Galleria Massimo De Carlo (Milano), Galleria T293 (Napoli, Roma), Tate Modern/Turbine hall (Londra), Komá Gallery (Molise), casa privata (Lubiana), Magazzino merci (New York), Castello Uzunosky (Varsavia), galleria privata (Varsavia), Punta della Dogana (Venezia), Biennale di Venezia (2013), Padiglione Paesi Nordici (Venezia, 2013), Fondazione Beyeler (Svizzera), Guggenheim Museum (New York), Sénanque Abbey (Francia), Castello di Versailles (Francia), GAMeC (Bergamo), Song Eun Art Space (Korea), Salannunziata (Imola).