The Black Swan












The Black Swan
lighting on Asinelli tower in Bologna.
Bologna Old Town, 2016.






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E' comparsa una strana ombra sulla Torre degli Asinelli a Bologna. Di cosa si tratta? Dal 28 novembre 2015, e dopo quattro anni di gestazione da parte della Sopraintendenza, la torre degli Asinelli e la vicina Garisenda sono illuminate da uno speciale sistema di luci, che ne permette la visibilità da ogni angolo di Bologna. Nonostante questo una porzione di torre appare completamente nera. Guardandola ho subito pensato a "Il cigno nero" dell'economista Nicolas Taleb, libro che è stato inserito dal Sunday Times tra i libri che hanno cambiato il mondo. Il "cigno nero" è un evento isolato «che non rientra nel campo delle normali aspettative, ha un impatto enorme e nonostante tutto ciò la natura umana «ci spinge ad elaborare a posteriori giustificazioni della sua comparsa». L'attacco alle Torri Gemelle è un cigno nero, la crisi finanziaria del 2008 è un cigno nero. Noi ci comportiamo come se non esistesse, preferiamo la normalità. In termini liberali siamo affascinati dal determinismo, per cui gli eventi si susseguono secondo una logica rassicurante quanto ineludibile. Non è così per Taleb. «La logica del cigno nero rende ciò che non si sa molto più importante di ciò che si sa». Esattamente come non sappiamo cosa sia quella zona d'ombra, quel vuoto. Il problema fondamentale di una società non è prevedere l'esistenza, o meglio l'arrivo, di un «cigno nero», ma sapere con certezza che arriverà e mettersi nelle condizioni di gestirlo. Il mondo «è dominato da ciò che è estremo, sconosciuto o molto improbabile, quindi dobbiamo usare l'evento estremo come punto di partenza, non come un'eccezione da nascondere sotto il tappeto». Ma come è possibile gestire un "cigno nero"? Come sostiene Taleb nel suo libro, il problema non è prevedere il verificarsi di un "cigno nero", quanto allenare e sperimentare la capacità di gestire tale evento. 



Quella zona d'ombra partecipa ad un'opera d'arte pensata specificatamente per la Torre degli Asinelli. Il suo titolo è "cigno nero". Da una concezione materiale e convenzionale dell'opera d'arte si passa ad un'opera che esiste in ragione di un modo e di una sensibilità critica nel vedere. Vedere nel senso di sentire e quindi gestire le cose. L'opera appare lentamente, a partire dal tramonto, e lentamente scompare con lo spegnimento delle luci e il sorgere del sole. Quel riflesso nero modifica la percezione della torre, mentre il nero profondo determina una tensione misteriosa tra ombra e vuoto. Vedere quella "zona nera" come "opera d'arte" rappresenta il tentativo di elaborare una giustificazione per il cigno nero, ma allo stesso tempo si tratta di un modo per gestire e disinnescare il cigno nero stesso. 



It 'appeared a strange shadow on Asinelli tower in Bologna. What is it? From November 28, 2015, and after four years of gestation by the Superintendency, the Asinelli tower and the nearby Garisenda are lit by a special lighting system, which allows the visibility from every corner of Bologna. Despite this, a portion of the tower appears completely black. Looking at her I immediately thought of "The Black Swan" economist Nicolas Taleb, a book that has been entered by the Sunday Times as one of the books that have changed the world. The "Black Swan" is an isolated event "that falls outside the scope of normal expectations, has a huge impact and despite all this human nature" moves us to develop a posteriori justification of its occurrence. " The attack on the Twin Towers is a black swan, the financial crisis of 2008 is a black swan. We behave as if there were, we prefer to normalcy. In liberal terms we are fascinated by determinism, for which events follow each other in a reassuring logic as unavoidable. Not so Taleb. "The logic of the black swan makes what we do not know much more important than what you know." Just like we do not know what that gray area, that emptiness. The fundamental problem of a company is not to predict the existence, or rather the arrival of a "black swan," but to know for sure who will come and get in to manage conditions. The world "is dominated by what is extreme, unknown or unlikely, so we have to use the extreme event as a starting point, not as an exception to hide under the rug." But as you can handle a "black swan"? As Taleb says in his book, the problem is not to predict the occurrence of a "black swan", what training and experience the ability to handle such an event.


That gray area took part in a work of art designed specifically for the Asinelli. Its title is "Black Swan". From a materialistic and conventional work of art you change to a work which exists because of a way and a critical sensitivity to see. See in the sense of hearing and then manage things. The work appears slowly, from sunset, and slowly disappears with the lights out and the sunrise. That black change reflected the perception of the tower, while the deep black creates a mysterious tension between shadow and empty. See the "black zone" as a work of art is an attempt to develop a justification for the black swan, but at the same time it is a way to manage and defuse the same black swan.





INTRODUZIONE ALLA MOSTRA "SKY. The only political space is where you are now"


(IN PROGRESS):



Luca Rossi nega il format convenzionale della "mostra d'arte" come forma di intrattenimento contemporaneo. Non ha senso cercare di organizzare "luna park per adulti" spesso molto più noiosi dei veri "luna park". Quindi l'arte non è chiamata ad una nuova avanguardia, ma ad una retroguardia. Almeno fino a quando non esisterà in Italia un pubblico vero e minimamente vasto. Più precisamente potremo pensare ad una sorta di retroguardia che inizia e finisce nelle case delle persone. O meglio, dove le persone si trovano. Il ragionamento parte dall'Italia, fuori da approcci esterofili che ci vedono sempre sbilanciati fuori casa, quando la casa è tutta da sistemare. In fondo ogni luogo è internazionale per definizione.

In questi cinque anni ho seguito il percorso di Luca Rossi, e penso sia venuto il momento di tentare un mio punto di vista. Luca Rossi è il Sig. Rossi, un po' di più di Mario Rossi. Si tratta di un personaggio, non parlerei di anonimato, in quanto l'anonimato è una melanconia di internet, che risale ormai a dieci anni fà. Inoltre non ho mai letto cose di Luca Rossi che potessero giustificare l'anonimato. Non mi interessa chi sia veramente Luca Rossi, come ai bambini non interessa sapere chi sia esattamente Walt Disney quando seguono Topolino.

Penso che il valore delle sue opere stia nel loro essere "contemporanee", secondo una definizione che mi è molto cara, espressa da Giorgio Agambem. Le opere di Luca Rossi mantengono costantemente una sfasatura con il presente, tanto che non sono mai del tutto presenti, anche se in realtà sono presenti per chiunque, ovunque e per un tempo indefinito. Una sfasatura costante anche tra materia, relazioni e immaterialità; tra pieno-non pieno e vuoto-non vuoto. Tra la distanza che mantiene l'artista e le sue incursioni improvvise.

Per la presentazione di questa nuova raccolta di progetti (2009-2014),  Eve Rand ha scelto la recente comunicazione del canale satellitare Sky: "Sky. La vita un po' te la cambia". Vediamo questa giovane coppia che guarda uno schermo televisivo. La differenze rispetto al passato è che entrambi i ragazzi che vediamo nella foto, sono loro stessi un network televisivo potenziale (dal momentio che posseggono uno smartphone o semplicemente internet). Come a dire: "tutti possiamo essere sky". Se continuiamo a leggere il titolo di questa mostra: "l'unico spazio politico è dove ti trovi adesso". Questa frase sembra retorica, ma è invece molto forte. Come se l'unico parlamento politico al mondo fosse intorno a ognuno di noi. Non stiamo parlando della teoria calvinista (che ha fondato e spinto la cultura anglosassone rispondendo con un nuovo Rinascimento moderno e globale), per la quale l'uomo è nella grazia di Dio se raggiunge in terra e nella propria dimensione di uomo felicità e ricchezza. Sto dicendo che siamo arrivati ad un punto in cui ognuno di noi può sempre vincere "uno a zero" con le decisioni che può prendere il Presidente degli Stati Uniti. Semplicemente ci rassicura e ci alleggerisce di responsabilità, pensare che le nostre sorti sono in mano a 18 banchieri o al Presidente degli Stati Uniti di turno.

Lo stesso Presidente Obama agisce nel suo micro, che a sua volta incontra altri micro-locali, e insieme determinano una tendenza macro. Ma non esiste una dimensione macro su cui il singolo può veramente incidere direttamente. Questa nuova consapevolezza micro e quotidiana, unite alle altre, può determinare effettivamente una consapevolezza collettiva, che può decidere quali cambiamenti realizzare e se valga la pena realizzarli. Le opere di Luca Rossi agiscono in questa dimensione, con la consapevolezza che ogni individuo è allo stesso tempo fruitore e creatore di contenuti.

Questi contenuti sono anche le opere, che vengono prodotte in modo indiscriminato; sono i prodotti dell'industria, spesso sovraprodotti e invenduti. Sono le milioni di foto postate su Facebook, eccetera. Per tanto non si tratta solo di una responsabilità nel creare nuovi contenuti, ma anche di cercare di fare le differenze (e quindi il senso critico) rispetto ai contenuti che ci piovono addosso. Come fare le differenze?

L'arte contemporanea (come disciplina capace di abbracciare ogni ambito umano) è una grande opportunità per sperimentare e allenare modi-sensibilità-atteggiamenti. E quindi per sviluppare anche un senso critico che possa avere una ricaduta diretta sul nostro quotidiano. Mi salta in mente il quotidiano che troviamo nella mostra qui sotto, ad un certo punto. Abbandonato sulla sedia abbandonata di un custode. La classica notizia macro-globale, che ogni giornio ci piove addosso. Ironico che sia posta su una sedia di design che sembra un gingillo aereodinamico pronto a scattare in avanti. Con una piccola borraccia vicino.












sommario

































Articoli pubblicati su Flash Art Italia


Terzo Dialogo con Roberto Ago















SHIT and DIE (BUT BEFORE EAT and SPEAK as EAT)









Uguale a mio cugino
fotografia, dim. variabili.
Luca Rossi, 2014.





SHIT and DIE 
(BEFORE EAT and SPEAK as EAT) 

a project by luca rossi


The exhibition will be inaugurated the November 5, 2014 and will end on January 11, 2015.

PALAZZO CAVOUR
Via Camillo Benso Conte di Cavour, 8
 Torino, ITALY



La mostra che sta organizzando Maurizio Cattelan, insieme a due giovani curatrici, a Torino per Artissima si propone di affiancare oggetti insoliti prelevati da musei e dal contesto locale, ad opere di alcuni artisti. Almeno questo si è capito durante la conferenza stampa. Il blog legato alla mostra di Cattelan, presenta una gran numero di immagini insolite, tra l'inquietante e il simpatico. Un po' nello stile della sua rivista Permanent Food o Toilet Paper. In qualche modo queste foto ricercate e cool, contribuiscono alla sovraproduzione di contenuti a cui siamo sottoposti. Nell'intervista che ho fatto a Cattelan, ormai tre anni fà, si parlava proprio di bombardamento di contenuti. Mi chiedo se non sia più utile trovare il modo per selezionare questi contenuti, piuttosto che contribuire ulteriormente alla loro crescita. L'idea è che abbiamo già tutto in casa, semplicemente non lo vediamo. 

In questa mostra vorrei invitare tutti i lettori di questo blog a fare uno scherzo a Maurizio Cattelan. L'artista c'ha abituato a continue provocazioni, perchè per una volta non può essere il pubblico che fa una scherzo-provocazione a Cattelan? Semmai contribuendo in modo sostanziale alla sua mostra? Semmai ricoprendo, finalmente lui, di "meteoriti"?
Semmai lanciando questo progetto con una Campagna Pubblicitaria su Facebook e Google? 

Insomma, presto avrete maggiori dettagli! Intanto potete leggere di seguito l'intervista a Maurizio Cattelan e conoscere "ghost track", a proposito di teorie di Cesare Lombroso*.

Luca Rossi 


*le teorie di Cesare Lombroso dicevano sostanzialmente come sia possibile decifrare il profilo psicologico di una persona analizzando i suoi tratti somatici. 



 



ghost track

Piazza Duomo, Milano
2009.








Luca Rossi: Chi è per te Luca Rossi?

Maurizio Cattelan: Mi sembra quello che firma i fac-simile della dichiarazione dei redditi.

LR: Hai parlato della necessità di recuperare la tua “indipendenza” e quindi di prendere le distanze dal sistema dell’arte, in particolare dal mercato e dalle polemiche. Vorresti rinegoziare il ruolo di artista. Cosa non funziona nel sistema dell’arte?

MC: La vera anomalia del sistema è che il prezzo alto di un’opera è diventato certificato di qualità. Al di fuori di questo tutto è posto sullo stesso piano, mancano punti di riferimento critici rispetto ai contenuti.

LR: Sono d’accordo. Al di là del mercato vige la legge di Facebook: “mi piace/non mi piace”. Allo stesso tempo chiunque può sempre aggiornare il proprio stato e postare centinaia di contenuti. Viviamo sotto un bombardamento di contenuti e di progetti.

MC: E’ come stare con le finestre aperte e chiunque può tirarti in casa di tutto. Il punto non è tanto quello che ti arriva in casa ma è centrare le finestre.

LR: C’è quasi la paura che argomentare e approfondire, al di là del “mi piace”, significhi togliere forza alle cose. Forse perchè non si è tanto convinti di quelle cose. Anche se ho sempre apprezzato e compreso il tuo sottrarti alle interviste, non credi sia venuto il momento di argomentare? Con tutti i rischi che questo comporta. In fondo argomentare criticamente mi sembra l’unico modo per offrire un’alternativa rispetto la dittatura del mercato.


MC: Il mio lavoro fortunatamente non consiste nel fare interviste o scrivere libri. Cerco solo di essere coerente con le mie scelte. L’alternativa al mercato si può costruire anche attraverso delle scelte, delle azioni precise.
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LR: Mi sembra che gli artisti, da una parte subiscono e dall’altra parte assecondano questa “religione del mercato”. Perché tu invece che accettare la sfida dei contenuti preferisci allontanarti dal sistema?

MC: Perché da distante le cose si vedono meglio; il sistema dell’arte è come un festa molto rumorosa e colorata: quando ci sei dentro ti travolge, se ti allontani diventa una piccola luce nella notte.

LR: Quindi consigli al giovane artista di allontanarsi dal sistema per interpretarlo meglio? Se pensiamo che oggi, per un artista o un curatore, conta molto essere un buon “operaio delle pubbliche relazioni”, questo tuo suggerimento può essere pericoloso.

MC: L’artista non deve stare al sicuro al centro della stanza, deve preferire l’angolo, le spalle al muro, il pericolo e il fallimento.

LR: Penso che non servano tanto nuovi artisti quanto spettatori attenti, interessati ed appassionati. Esattamente come servono cittadini attenti, interessati ed appassionati. La rivoluzione siamo noi?

MC: La rivoluzione è una suggestione da sabato pomeriggio. Il lunedì è già finito tutto, e si torna a lavorare come sempre. Non c’è tempo per fare la rivoluzione.

LR: Questo fino a quando molti “disoccupati” non si trovano liberi il lunedì mattina. Ma questo non succederà perchè il sistema sa che la cosa migliore è far galleggiare i cittadini in una condizione media, mediocre. Il recinto controllato dell’arte ha il compito di risvegliare da questa mediocrità?

MC: Spesso l’arte serve per dormire meglio. Bisogna stare attenti.

LR: Pensi che siamo alla fine dell’arte comunemente intesa, come opera da appendere o esporre?

MC: Un mercato abituato a comportarsi solo in un determinato modo, non può prendersi il lusso di un tempo di riflessione. La vera ricchezza è la possibilità di gestire il proprio tempo: avere denaro ma non avere tempo non serve a nulla. In questo sistema l’opera d’arte diventa come denaro che non ha tempo di essere speso, non serve; perde il suo centro di interesse.


LR: Nella mostra che sta per inaugurare a New York hai (letteralmente) messo tutte le tue opere al “centro” dello spazio, e le hai sospese. Come se tu volessi rimettere le opere al centro, ma allo stesso tempo mettere alla gogna vent’ anni di carriera. Un modo per mettere tutto in discussione?

MC: Prima di accettare l’invito del Guggenheim ho rifiutato molte proposte provenienti da musei amercani ed europei. Solitamente questo tipo di proposte mi paralizza. Ho detto di sì al Guggenheim per un fatto architettonico; l’organizzazione dello spazio ha costretto inevitabilmente a mettere tutto in profonda discussione. E questo non può che essere positivo.

LR: Mi sembra che la rappresentazione artistica, in questi ultimi anni, sia entrata particolarmente in crisi rispetto and un rapporto realtà-fiction sempre più complesso ed incidente. E’ più difficile fare oggi l’artista rispetto a vent’anni fa? Perché?

MC: Oggi devi sottostare ad alcuni rituali codificati. Se non accetti questo sei fuori, e ci sono centinaia di artisti pronti a prendere il tuo posto. Oggi l’artista, non dico l’uomo,  si deve suicidare; continuare a vivere significa cercare di fare il terrorista con barba e baffi neri: ti fermano subito.

LR: Quando parli di “barba e baffi” penso a percorsi di professionalizzazione forzati, capaci di minare alla base un linguaggio che debba confrontarsi con il presente e la storia. Il sistema dell’arte per come lo conosciamo oggi finirà?

MC: Non ho la sfera di cristallo. Comunque non credo che il sistema si dissolverà. Il sistema cercherà di resistere, esattamente come fanno tutti i sistemi. Sarà l’artista che dovrà ridefinire il proprio ruolo. Prendere profonda consapevolezza di questo è già un primo passo.

LR: Qualche mese fa ho messo insieme una sequenza di immagini in cui il tuo autoritratto, il fantoccio che ti rappresenta in molte tue opere, mostra una somiglianza strettissima con Massimo Tartaglia, l’artista-ingegnere che nel dicembre 2009 scagliò un souvenir del duomo sul volto di Berlusconi. Cosa ne pensi?

MC: La tua selezione prova della relazione ambigua che la realtà può avere con la finzione. Le opportunità della comunicazione di massa unite ad un rapporto realtà-fiction sempre più ambiguo tendono a spiazzare le possibilità dell’arte. O meglio, l’arte dovrebbe reagire a questo spiazzamento.
LR: Come reagire? Cosa intendi concretamente quando esprimi il desiderio di rinegoziare il tuo ruolo di artista?

MC: Io inizierei a legare dell’esplosivo alle lettere che formano le parole “ruolo di artista”.

LR: Condivido questa tua idea. La gente non vuole più fare né il pubblico né l’allievo, vuole essere dentro la cosa. Penso che il blog si uno strumento utile. Cosa ne pensi?



MC: Come tutti gli strumenti va usato nel modo più efficace, anche il blog fa parte di quel bombardamento di contenuti di cui siamo vittime ed artefici.