Il nomadismo del "selfie"






Speaking About 2014 : http://tinyurl.com/p7ovhmo





A Milano stanno piantando il grano, come in una pubblicità Mulino Bianco del 1994 e come recentemente l'ennesimo giovane artista in un Castello a Napoli. L'immagine di due ragazzi che si baciano facendosi un selfie ricorda quella foto simbolo scattata per la fine della seconda guerra mondiale. Dopo quella foto iniziò quel processo che chiamiamo globalizzazione è che oggi caratterizza la crisi economica che stiamo vivendo (la fluidità massima nei flussi di cose e persone, la sovraproduzione di prodotti, ecc). Ma quella che viviamo oggi, a pochi giorni dall'Expo 2015, è una crisi ben più profonda, perché è una crisi di idee, un vuoto di idee che caratterizza gli ultimi 15 anni. Non a caso siamo qui a rifare una pubblicità del 1994, e non a caso il giovane artista italiano nel 2014 ha colto l'idea surreale del campo di grando. Oltre ad un vuoto, si tratta anche di una retorica passatista che vorrebbe essere un modo per farsi accettare in un "paese per vecchi". Mi sembra che la foto di questi ragazzi che si baciano a milano sia esplicativa di una guerra ben più subdola e invisibile che stiamo vivendo senza sapere quando sia iniziata e quando finirà. Una guerra in cui siamo tutti poveri ma armati di smartphone. Abbiamo strumenti ma non sappiamo bene cosa farci, se non diventare noi stessi nel selfie autori, spettatori e contenuto allo stesso tempo. Una crisi appunto di contenuti. Ecco una frase profetica di Cy Twombly:






Cy Twombly : (silenzio)
“La gente non vuole più fare il pubblico, né l'allievo, 
vuole entrare nella cosa, ossia sente che c'è già dentro.”






Rispetto a questo "vuoto" di contenuti mi sembra interessante un progetto presentato nel 2013 da questo blog in Francia. Nel 2013 il blog ha lanciato un progetto in un'abbazia in Francia (Sénanque). Un sito turistico affollatissimo dove ogni senso religioso è inevitabilmente soffocato dalla presenza di centinaia di turisti. Uno di questi turisti ha iniziato a fotografare ossessivamente una teca che casualmente si trovava vuota, pochi metri prima della biglietteria. Questo ha provocato un rallentamento nel flusso dei turisti, alcuni fotografavano anche loro, altri si stropicciavano gli occhi. Un vuoto che però non era vuoto come si può vedere solo nella documentazione. Si passa dal monumento al documento. 

Abbiamo chiesto ai frati di riconoscere il contenuto della teca come "opera d'arte".Loro hanno risposto che non è possibile esporre simboli non cristiani. Ma cosa è presente nella teca? 


qui è possibile vedere un video di documentazione: https://www.youtube.com/watch?v=ZtgSzAsFz4U










La ricerca di un nuovo equilibrio capitalitistico, e quindi la crisi, convive con una fase di grande sviluppo della tecnologia e dei mezzi di comunicazione. Come a dire, siamo poveri ma abbiamo tutti l'iPhone con il quale possiamo "partecipare", dire la nostra, e avere finalmente i 15 minuti di celebrità che Andy Warhol aveva profetizzato negli anni '60. Una democrazia dei contenuti in cui autore e spettatore coincidono significativamente: non a caso il selfie dimostra una coincidenza di autore, spettatore (primo) e contenuto. In questa grande sovraproduzione/post-produzione ritorna fondamentale argomentare le opere, fare le differenze, evitare che tutto venga messo sullo stesso piano. Lo scoppio della bolla speculativa ci costringe finalmente a guardare le opere d'arte, forse a vederle per la prima volta, e tentare di capire perchè ci interessano.

Dove sta il valore dell'arte? Delle opere d'arte? Diversamente a cosa serve l'arte? Una riflessione sul valore dell'arte non può essere oggi scollegata da una "lettura semplice" (non semplicistica) da mettere in relazione alla nostra vita quotidiana. Alla nostra dimensione micro e locale. Soprattutto oggi con la crisi delle democrazione occidentali: crisi della rappresentazione artistica - bombardamento di immagini - quanto della rappresentazione politica (i nostri rappresentanti non ci rappresentano e dal 2008 in Italia non eleggiamo un Presidente del Consiglio). "Io ho votato Renzi alle primarie" è una frase che risuona e che risulta gravemente anticostituzionale.

Con la crisi delle democrazie ci accorgiamo che l'unico "spazio politico" praticabile con efficacia sia proprio la nostra dimensione micro e quotidiana. La nostra vita quotidiana.  La scelta e la decisione che ognuno di noi può prendere nella sua vita quotidiana, vale 10-20 volte le ricadute che una scelta del Presidente degli Stati Uniti può avere su ognuno di noi. Semplicemente ci rassicura e ci fa comodo (perchè de-responsabilizza) pensare che non sia così. Concetti che non sono nuovi ma che con la crisi economica che preme e milioni di persone che aspettano interventi risolutivi dall'alto (interventi macro), diventano di stretta attualità. 







all around yu

terra, grafite, macchie, schermo, materiali vari.
luca rossi
gamec, bergamo 2014. 


Luca Rossi non solo rende l'oggetto e la materia dell'opera marginali (recentemente ha presentato una serie di opere che giocano con l'arte moderna, usando unicamente le cose del "fai da te"), ma agisce, ed invita ad agire, in questa dimensione micro e locale. In particolare tutti i progetti di Luca Rossi iniziano e finiscono "dove ci si trova in questo momento". Se la flessibilità nel movimento di cose e persone, ha contribuito allo stato di cirsi, il Sig. Rossi diventa ancora più fluido e flessibile, l'opera si trova sempre dove si trova lo spettatore. Si tratta di un nomadismo velocissimo ed immobile, quanto banale; opera e spettatore si trovano immediatamente nello stesso luogo, pur rimanendo immobili. E' il caso di uno degli ultimi interventi di Luca Rossi: siamo alla GAMeC di Bergamo, nella scena percepiamo elementi reali ed elementi che reali non sembrano, come un grande ammasso di materia al centro della stanza. Non sappiamo se questa "materia", ottenuta banalmente con un qualsiasi programma simile a photoshop, nasconda qualcosa o se non sia forse un sovraccarico formale, come se portassimo nella stanza del museo, contemporaneamente, tutte le opere passate da un dato punto. E questo sovraccarico formale, questa abbondanza di oggetti di cui possiamo godere, corrisponde impietosamente ad un vuoto di contenuti. Cosa rimane delle centinaia di opere che troviamo per le Biennali d'arte di tutto il mondo? E delle migliaia di post su Facebook o contenuti sul web? Contenuti e opere a cui noi tutti possiamo contribuire, armati di iPhone, e che possiamo replicare e condividere ulteriormente e in modo esponenziale con i nostri amici e conoscenti.




Estratti da "Il Radicante" di Nicolas Bourriaud:



"E' quanto sta avvenendo in quest'inizio di XXI secolo, in cui predominano in tutti i campi del pensiero e della creazione il transitorio, la velocità e la fragilità, instaurando quello che si potrebbe chiamare un regime precario dell'estetica."


"Invece che subirla o resistervi per inerzia, il capitalismo globale sembra aver fatto propri i flussi, la velocità, il nomadismo? Allora dobbiamo essere ancora più mobili. Non farci costringere, obbligare, e forzare a salutare la stagnazione come un ideale. L'immaginario mondiale è dominato dalla flessibilità? Inventiamo per essa nuovi significati, inoculiamo la lunga durata e l'estrema lentezza al cuore della velocità piuttosto che opporle posture rigide e nostalgiche. La forza di questo stile di pensiero emergente risiede in protocolli di messa in cammino: si tratta di elaborare un pensiero nomade che si organizzi in termini di circuiti e sperimentazioni, e non di installazione permanente,perennizzazione, costruito. Alla precarizzazione dell'esperienza opponiamo un pensiero risolutamente precario che si inserisca e si inoculi nelle stesse reti che ci soffocano."


"...un arcipelago di insurrezioni locali contro le rappresentazioni ufficiali del mondo."


"E' al momento dell'esodo in effetti che gli ebrei si mettono in viaggio lasciando dietro di sé la macchina di statue egiziane i suoi dèi pesanti è strettamente codificati le sue piramidi e la sua ossessione per l' immortalità. L'esodo, scrive Peter Sloterdijk, rappresenta il momento in cui "tutte le cose devono essere rivalutate dal punto di vista della loro trasportabilità e si deve essere pronti a correre il rischio di lasciare dietro di sé tutto ciò che è troppo pesante da portare per gli uomini". 


"La posta in gioco consiste allora nel scodificare Dio, farlo passare dal medium della pietra a quello della pergamena. In breve, nel passare dalla sedentarietà culturale a un universo nomade, da una burocrazia politeista dell'invisibile a un Dio unico, dal monumento al documento."









scroll down (la via o il sentiero)


una teca, azione, documentazione, materiali vari.
luca rossi
senanque abbey, gordes 2014. 




Dal Monumento al Documento - work in progress- 



Leggendo "Il Radicante" mi accorgo che quello a cui costringe Luca Rossi è un esodo. Potremo dire: "abbandonate ogni opera, voi che entrate"; ogni definizione di opere d'arte. Semplicemente perchè non serve. Al limite limitatevi a lavorare con gli oggetti che avete intorno a voi, nelle convinzione che le opere, secondo una definizione convenzionale, siano solo espedienti e inneschi per qualcos'altro. 


Un contro movimento quello di Luca Rossi, un nomadismo immobile ma velocissimo, in quanto opera e visitatore coincidono sempre. Opera e spettatore sono velocissimi ma immobili. In questo esodo siamo costretti ad abbandonare tutto ciò ciò che è troppo pesante da portare. Ed ecco che gli interventi di Luca Rossi sembrano effettivamente "buchi neri" che hanno risucchiato la materia, ossia tutto il processo che va dall'accensione delle luci nello studio dell'artista, fino all'ultimo spettatore che esce dal museo, opera d'arte compresa. Si passa dal monumento al documento. Ogni progetto finisce consapevolmente in una documentazione che spesso restituisce un'esperienza dell'opera ben più efficace e completa. Un'esperienza mediata che è essa stessa esperienza, lontana dal museo o dal classico rito collettivo della mostra. Un'esperienza spesso solitaria. 

La grande differenza, rispetto a 15 anni fà, è che oggi ognuno di noi può contribuire alla creazione del suo documento, che poi può condividere e comunicare ad altri. Come se ci fossero 3-4 miliari di network televisivi che fruiscono di contenuti e ne trasmettono. 

Questo esodo, questo nomadismo velocissimo, dilata e stringe continuamente la distanza tra centro e periferia. 




where you ar


macchie, schermo, luce solare, un luogo, materiali vari.
luca rossi
gamec, bergamo 2014. 


In alcuni interventi Luca Rossi (come avviene anche nell'intervento alla GAMeC) riconduce all'interno dell'opera, nei materiali dell'opera, anche le macchie e la polvere presente sul nostro schermo. Rendendo ancora una volta evidente come, nolenti o volenti, siamo già prigionieri di questo nomadismo "da fermi".



Centro e periferia diventano contenuti e pubbliche relazioni.



Dall'oggetto all'oggetto qualsiasi, ma anche no.




.....continua